Ue sempre più preoccupata, si teme un autunno di difficoltà e proteste

«La priorità immediata è proteggere le famiglie e le imprese, in particolare le più vulnerabili nelle nostre società, preservando nel contempo la competitività globale dell’Unione e mantenendo condizioni di parità e l’integrità del mercato unico. Tutti gli strumenti pertinenti a livello nazionale e della Ue dovrebbero essere mobilitati per rafforzare la resilienza delle nostre economie». È questo un passaggio chiave della bozza di documento finale del Vertice Ue che si terrà giovedì e venerdì a Bruxelles: non è la versione finale, costituendone per ora solo  l’ossatura. Una cosa si nota chiaramente: nelle sette pagine, si va dalla guerra in Ucraina al caro energia alle relazioni esterne della Ue – anche con la Cina – alla conferenza Cop 27 sul clima) un riferimento è assente, il contrasto dell’inflazione. Può darsi si tratti solo di una dimenticanza dei diplomatici che fanno parte dello staff del presidente del Consiglio Ue Charles Michel. D’altra parte il pacchetto di misure contro il caro energia per ridurre i prezzi del gas, che sarà proposto domani dalla Commissione e il cui perimetro è già stato concordato con i governi,  può costituire un contributo importante al raffreddamento dell’inflazione (da sei mesi l’aumento annuale è stato fra il 37,5% e il 42%, 40,8%). Tuttavia, se i Ventisette non riaffermassero il valore dell’azione della Bce, sarebbe significativo. Non c’è una critica implicita alle scelte di politica monetaria della banca centrale: mettere l’accento sulla protezione di famiglie e imprese, considerata appunto la priorità tra le priorità,  riflette una preoccupazione politica generalizzata che ormai ha preso corpo man mano che peggiorano le previsioni sull’andamento dell’economia: vanno evitati movimenti estesi di protesta sociale. Un caso tipico è la Francia, ma si guarda anche alle rivendicazioni salariali in Germania e altrove. Non è il caso di paventare una stagione sulla scia dei Gilet Jaunes (la protesta francese risale a quattro anni fa), però è in gioco la coesione sociale all’interno di ogni paese come la stessa coesione tra gli Stati. L’autunno potrebbe essere, da questo punto di vista, caldo.

La Commissione europea ha fatto i conti degli aiuti pubblici alle imprese nel biennio del Covid 2020-2021 ed emerge un quadro equilibrato: nessun governo, neppure quello tedesco, ha tratto un profitto eccessivo dalla flessibilità delle regole di concorrenza acquisendo vantaggi competitivi indebiti. Tra l’altro, risulta che l’Italia è il paese in cui gli aiuti pubblici alle imprese sono stati più elevati in rapporto al prodotto lordo annuo (l’unico dato che conti ai fini della comparazione tra stati): un elemento che smentisce il lamento nazionale sull’eccesso di interventismo pubblico in paesi che dispongono di spazi di manovra nei bilanci pubblici (a partire dalla Germania). Tuttavia un problema di equilibrio e di coordinamento dell’azione degli stati contro il caro energia si porrà se, come è possibile, le misure per ridurre i prezzi, con un “price cap” per   il gas per la generazione di elettricità, il nuovo “benchmark” di riferimento, i negoziati speciali con i fornitori affidabili, gli acquisti comuni in parte obbligatori per riempire le riserve per il prossimo inverno, non produrranno effetti concreti in tempi ravvicinati.

Dal Vertice Ue non ci si aspettano passi precisi sulla falsariga di quanto deciso nel 2020, con l’emissione di debito comune per prestiti agli stati per finanziare le “casse integrazioni”nazionali. Cionondimeno, non ci sarà né apertura né chiusura su eventuali iniziative di taglia europea. Nella bozza di documento finale del Consiglio Ue viene indicato che i Ventisette si impegnano “a coordinare strettamente le risposte di ‘policy’ pur rimanendo pronti a sviluppare soluzioni comuni a livello europeo”. Non è molto, riproporre la scelta del 2020 viene visto a Berlino (ma non solo) come uno strappo non necessario, tuttavia l’approfondirsi e il persistere delle difficoltà economiche e anche finanziarie degli stati più indebitati potrebbero renderla necessaria. Se non venisse ribadito l’impegno a essere pronti a soluzioni comuni europee, sarebbe peggio.