Tre timori concatenati: recessione, effetto aumento tassi, nuove divergenze nell’area euro

Si preannunciano due-tre settimane in cui si accumuleranno diversi fattori di incertezza, prima dell’inizio della pausa estiva, al netto dell’evoluzione della guerra in Ucraina. Cominciamo dalla recessione di cui si parla sempre più spesso: la Commissione europea non la vede alle porte, però la teme lo stesso. Tra una settimana pubblicherà le nuove stime economiche e si capirà di più. Neppure il mondo delle imprese vede una recessione generalizzata, tuttavia, stando al rapporto economico pubblicato da BusinessEurope, l’organizzazione che raggruppa le Confindustrie d’Europa, alcune economie nazionali potrebbero entrare in “recessione tecnica”, intesa come due trimestri consecutivi di crescita negativa. BusinessEurope conferma il quadro delle previsioni UE di maggio: circa il 70% dell’aumento stimato del pil nell’area euro è il trascinamento della forte crescita dell’anno scorso. Ciò vuol dire che la dinamica della crescita resta debole. Nel frattempo lunedì si riunirà l’Eurogruppo e dieci giorni dopo, il 21 luglio, toccherà alla BCE aumentare i tassi dello 0,25%, primo di una serie che dovrebbe essere più intensa, e annunciare in che cosa consisterà lo “scudo” anti spread per evitare che si riattizzi una sfiducia sul debito sovrano dei paesi più indebitati (un nuovo caso italiano, quindi).

Prossimamente potrebbero quindi profilarsi e intrecciarsi tre tipi di divergenze: tra i paesi a crescita negativa e paesi a crescita positiva sia pure non a ritmi esaltanti; tra paesi con uno scarto tra il titolo decennale e il Bund tedesco che si allarga, segno di una maggiorazione del premio di rischio, e paesi che lo contengono. Lo “scudo” BCE servirà a evitare che ciò accada, più problematico potrebbe essere evitare qualche scivolone in area crescita negativa in qualche stato. Il terzo tipo di divergenza è quella tra chi ha spazio di bilancio e chi ne ha molto poco per affrontare l’emergenza del caro energia che ha effetti sulle famiglie e sulle imprese, anche quelle più grandi. Come dimostrano i casi del colosso dell’energia francese EDF (che passerà al 100% dall’84% alla proprietà statale), e del gruppo energetico tedesco Uniper che il governo federale si prepara a salvare acquisendo circa un terzo del capitale: Uniper è in forte difficoltà a causa dell’aumento dei prezzi del gas aggravato dalla guerra in Ucraina e Berlino non vuole rischiare un caso Lehman Brothers nel settore energetico.

C’è un altro appuntamento importante dopo la riunione della BCE: il 26 si riuniranno a Bruxelles i ministri dell’energia per discutere innanzitutto il piano europeo d’emergenza per prepararsi al possibile stop delle forniture di gas russo, che sarà presentato dalla Commissione il 20. Questo piano non comprenderà la proposta di un tetto massimo al prezzo del gas chiesto dall’Italia e non solo. Non sarà sul tavolo neppure l’ipotesi di un SURE 2, un fondo per aiutare gli stati a coprire la spesa per sostenere famiglie e imprese nel caro energia, finanziato con l’emissione di bond comuni: sebbene l’idea sia vista con sempre meno avversione, per ora non decolla.

È difficilissima la ricerca dell’equilibrio tra restrizione monetaria rispetto all’orientamento ultraaccomodante preesistente e una politica di bilancio dell’area euro che non può essere particolarmente restrittiva perché occorre mantenere un livello elevato di investimenti e deve, nello stesso tempo, evitare derive in alcuni paesi (tra cui l’Italia) che spingano verso un allargamento degli spread. Mentre per fronteggiare la pandemia la politica di bilancio e la politica monetaria andarono a braccetto, entrambe all’insegna della massima espansione, in questa fase la prima deve essere molto più lenta della seconda nel percorso inverso di ritorno alla “normalità”. In ogni caso, come dimostrano le pressioni della Bundesbank e della banca centrale olandese su Lagarde, gli stessi vertici BCE sono divisi sull’intensità e sui tempi dell’aumento dei tassi come sulle caratteristiche dello “scudo” per gli spread.

Ci si attende che i ministri dell’Eurogruppo confermeranno gli orientamenti delle ultime settimane: “Invece di fare una discussione teorica sul fatto che la politica di bilancio deve essere o meno neutrale (né sostenere né comprimere l’attività economica – ndr), occorre riconoscere che non siamo più nella situazione della pandemia. Tuttavia dobbiamo fronteggiare una trasformazione economica, sul piano energetico, sulla quale dobbiamo investire molto, per cui la politica di bilancio deve sostenere questa sfida dal punto di vista degli investimenti”, indica una fonte UE coinvolta nella preparazione delle riunioni dei ministri finanziari.

È evidente che le discussioni tecniche e politiche in corso a Francoforte sulle condizioni per accedere allo “scudo” per gli spread riflettono le discussioni – non pubbliche – in corso tra i governi dell’area euro. Nessuno decide nel vuoto pneumatico senza tenere conto dell’altra “campana”. D’altra parte, se ci saranno delle condizioni per far scattare lo “scudo” chi dovrà garantirle saranno proprio i governi, non altri. Difficile che qualcosa di tutto questo trapeli lunedì sera. Svolge un ruolo importante la Commissione Europea, innanzitutto nella valutazione degli impegni di bilancio e della sostenibilità del debito, elementi centrali per giustificare interventi della BCE per frenare l’allargamento degli spread e sostenere investimenti in titoli pubblici dei paesi sotto tiro. Esclusa la condizionalità integrale attraverso il Meccanismo Europeo di Stabilità, si discute su varianti più deboli, meno invasive, ma che devono essere efficaci e di rapida realizzazione. Alcuni parlano delle linee di credito “preventive” del MES che richiedono requisiti meno duri di quelli dei salvataggi e dei “programmi”. Tra parentesi: i governi dell’area euro non sono ancora riusciti a mettersi d’accordo sul nuovo direttore generale e non è detto che ci riescano lunedì,

Le discussioni al vertice BCE trovano il loro corrispettivo nelle discussioni tra i ministri finanziari. Gli schieramenti sono grossomodo analoghi. Spicca l’interventismo del ministro tedesco Lindner: da settimane sostiene che lo stop all’espansione di bilancio deve essere ferreo e che la BCE non deve sostituire la disciplina del mercato sui paesi ad alto debito. La sospensione delle regole sui deficit pubblici per tutto il 2023 è stata accettata dall’Eurogruppo, ma il fatto che non si intraveda un accordo per riformarle rende la situazione più complicata. Anche così si spiegano i reiterati appelli del commissario all’economia Gentiloni rivolti all’Italia dopo il raddoppio degli spread al 2% sulla necessità di non aumentare la spesa corrente, considerato bastione minimo di resistenza.