Per la Commissione pesano sull’Italia 5 grandi rischi

L’Italia ha compiuto dei progressi per modernizzare l’economia e assicurare stabilità finanziaria, ma sul futuro pesano cinque rischi: l’alto debito pubblico costituisce il principale fattore di vulnerabilità, specie in un contesto di bassa crescita; la competitività continua a declinare, l’alta esposizione delle banche al debito sovrano rende le istituzioni finanziarie particolarmente vulnerabili; il forte calo degli investimenti ha infiacchito la capacità di ripresa; la dimensione dell’economia fa dell’Italia una fonte potenziale di contagi negativi diffusi negli altri Stati europei. E’ questo lo scenario proposto dal ‘country report’ della Commissione europea. L’Italia si trova attualmente sorto osservazione a causa degli squilibri macroeconomici (alto debito, bassa competitività cronica) che Bruxelles considera “eccessivi”.

Quella della Commissione europea è una specie di “pagella” che segnala se sono stati fatti dei progressi o meno nei settori fondamentali del funzionamento dell’economia e dello Stato rispetto agli impegni assunti dal governo. Si tratta di un esercizio ‘strutturale’ previsto dal complesso sistema della ‘governance’ economica europea dal quale discendono le decisioni di stringere o allargare le maglie della sorveglianza per fronteggiare gli squilibri macroeconomici.

La posizione generale di Bruxelles sull’Italia è che non ci sono emergenze drammatiche, tanto è vero che la Commissione ha appena sdoganato la legge di bilancio 2015 e ha accettato sostanzialmente la visione del governo italiano sulla gestione del debito date le condizioni economiche negative (alle spalle ci sono tre anni consecutivi di recessione) e dato lo sforzo di riforma strutturale, che a termine avrà un impatto positivo sul pil e, di qui, anche sul rapporto debito/pil.

L’Italia, però, conferma una posizione di debolezza e presenta una serie di vulnerabilità che non solo la espongono a eventuali rovesci economici provenienti dall’esterno, ma la fanno restare in una fragilità economica e sociale che deve preoccupare.

Il rilievo sul debito pubblico è perfino ovvio dato che è arrivato a quota 133% del pil. La stessa cosa vale per il declino cronico della competitività: “La crescita della produttività persistentemente bassa continua a perpetuare squilibri macroeconomici specie l’elevato debito pubblico e la debole competitività esterna”, scrive la Commissione. Il pil reale dell’Italia è sceso ai livelli dei primi anni Duemila mentre il pil della zona euro è più alto del 10%. Per questo devono essere fatte le riforme strutturali per le quali “un forte impegno è cruciale alla luce dei risultati dell’esperienza del passato che ha evidenziato importanti buchi nell’attuazione” delle misure decise.

Delle banche è noto che rappresentano lo snodo principale del finanziamento dell’economia reale e del fabbisogno finanziario dello Stato: l’alta esposizione al rischio di credito dal lato dell’impresa e agli sviluppi incerti dei mercati del debito sovrano rendono il sistema italiano particolarmente vulnerabile. Il declino degli investimenti negli anni della crisi (oggi il livello degli investimenti in rapporto al pil in Italia è inferiore dell’1,5% rispetto alla media Ue) ha messo l’Italia in una posizione di svantaggio nel momento in cui riparte l’attività.

Le situazioni che richiedono un intervento da parte delle autorità, indica la Commissione, sono sei. La prima è la debolezza della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario che mina la qualità del contesto in cui opera il business e “riduce la capacità di attuazione delle riforme”. La seconda è l’assenza di concorrenza nei mercati dei prodotti, le strozzature nelle infastrutture, la bassa spesa in ricerca e sviluppo in particolare del business. A questo si aggiunge l’alto numero di imprese inefficienti controllate dalle autorità locali “che pesano sulle finanze pubbliche e sulla performance dell’economia”. Terza situazione, il basso livello di partecipazione al mercato del lavoro. Seguono la condizione del sistema educativo (l’abbandono scolastico è sempre al di sopra della media Ue) e le profonde disparità sociali e regionali. Infine il fisco. Se il carico fiscale sul lavoro “è stato ridotto in misura considerevole, il rispetto delle regole fiscali è basso, pone rischi per una corretta concorrenza sul mercato e per la redistribuzione di un giusto carico di imposizione” tra la popolazione.

Ciò porta la Commissione a concludere che le sfide principali dell’Italia sono cinque: consolidamento delle finanze pubbliche con misure che siano favorevoli alla crescita, attuazione delle riforme strutturali per migliorare la crescita della produttività, fronteggiare le strozzature infrastrutturali, rendere efficiente il sistema fiscale, rendere efficiente la pubblica amministrazione, giustizia compresa.

Nel corposo documento di oltre 90 pagine, la Commissione europea passa in rassegna tutti gli aspetti del rilievo del debito pubblico in relazione alla vulnerabilità del paese, della debole posizione competitiva, del sistema finanziario, del funzionamento dell’amministrazione pubblica. Tra le cose interessanti, la Commissione insiste sul fatto che sono stati compiuti solo progressi limitati per migliorare l’efficienza e la qualità della spesa pubblica. In termini generali, Bruxelles insiste anche sul fatto che il primo elemento che fa la differenza nel ritmo di riduzione del debito è la crescita e che “le privatizzazioni possono essere solo una misura complementare, di per sé non sarebbero sufficienti a far calare ulteriormente il rapporto debito/pil in misura significativa”.

Per quanto riguarda il funzionamento dello Stato, la Commissione riconosce che “uno sforzo importante è in corso in Italia per migliorare la capacità istituzionale per adottare e attuare la legislazione”, ma “nonostante i progressi recenti una riforma complessiva della pubblica amministrazione è tuttora pendente”.  Se la finanziaria 2015 è stata approvata da Bruxelles, non vuol dire che non ci sia qui e là qualche dubbio. La Commissione rileva per esempio che il rinvio dell’accordo Stato-Regioni sulla distribuzione dei tagli di spesa “comporta qualche rischio per il raggiungimento degli obiettivi di bilancio nel 2015”.

La lunghezza dei processi, che ha a che vedere direttamente con la certezza del diritto, fa dell’Italia un contesto “povero” per il business e la corruzione “è tuttora uno dei problemi principali” che incide enormemente nel funzionamento dei mercati (basti pensare agli appalti).

A Bruxelles piace il “jobs act’, contiene “misure promettenti”, ma le politiche attive del lavoro lasciano complessivamente a desiderare e nella promozione del lavoro delle donne i progressi “sono stati limitati”.