Cambio governo in Francia potrebbe accelerare la partita sulla flessibilità bilanci pubblici

Il cambio di governo in Francia potrebbe accelerare un nuovo confronto con Bruxelles sull’ulteriore flessibilità nell’applicazione delle regole sui bilanci pubblici e così sarebbero due i ‘big’ dell’Eurozona a spingere contemporaneamente per un percorso diverso delle strategie europee (l’altro paese è l’Italia). Per ora Eurogruppo e Commissione evitano di rincorrere le ipotesi e ripetono seccamente il mantra del rispetto degli impegni europei. E fanno notare come oltretutto la Francia abbia già beneficiato due volte del rinvio degli obiettivi di deficit.

Il contesto è quello di una fase di cauto ottimismo sulla fase congiunturale. Il presidente della Bce Mario Draghi appare prudente e per questo ha evidenziato come la ripresa sia graduale e tuttora modesta. I mercati finanziari restano stabili. Per le nuove stime economiche Ue c’è tempo ancora un mese: Bruxelles ha confermato la crescita del pil all’1,2% quest’anno e all’1,8% l’anno prossimo. Finora non si è parlato dell’Italia. I programmi di stabilità non sono all’ordine del giorno e oggi all’Eurogruppo è stato il momento di discutere di Grecia, Portogallo, sostegno all’Ucraina (quest’ultima potrebbe essere fonte di qualche tensione economica, ma i ministri non hanno elaborato granché sui rischi di intoppi alla ripresa derivanti da un aggravamento permanente delle relazioni Ue-Russia). Quanto a Grecia e Portogallo, questi paesi dimostrano che i programmi di salvataggio funzionano. Questa è la visione che Eurogruppo e Commissione hanno riproposto oggi. L’unico a tenere alta la ‘frusta’ è stato Mario Draghi, che ha ricordato a tutti che non è il momento per rilassarsi e “vanificare” i successi acquisiti. Non ci sono nuovi elementi nello scenario economico: mai come questa volta, essendo le riunioni dei ministri finanziari a ridosso della riunione della Bce giovedì prossimo, si è visto chiaramente chi ha le leve più dirette in mano per intervenire sulle aspettative e sul ciclo economico e chi no, a meno che non si tratti di salvare qualcuno sotto i colpi dell’urgenza: rispettivamente la Bce e i governi Eurozona. Si saprà solo fra due giorni se sarà creato un (nuovo) muro alla deflazione oppure no, nel caso in cui la Bce ritenga di avere la situazione sotto controllo. I banchieri centrali non dicono nulla, non anticipano nulla. Draghi ha chiesto di non fargli neppure domande sugli orientamenti Bce. “Vedrete giovedì”, ha detto. L’incertezza resta. Il tema dei deficit pubblici è sotto traccia, ma l’assenza alla riunione di Pierre Moscovici, per la Francia, è assordante. Le prime battute dei responsabili Eurogruppo e Commissione europea sono in difesa. La Francia (come l’Italia) deve rispettare gli impegni e le procedure concordate sui deficit pubblici. Olli Rehn ricorda che Parigi ha già ottenuto due volte più tempo per portare l’indebitamento sotto il 3%. L’anno scorso la Francia ha registrato un deficit/pil del 4,3% contro l’obiettivo di 4,1%. Ciò rende più oneroso (e quindi difficile) portarlo al 2,8% nel 2015. Francois Hollande ha però indicato che l’obiettivo del nuovo governo è tutto fuorchè “rendere la ripresa fragile” aggiungendo che il nuovo governo “dovrà anche convincere l’Europa che il contributo della Francia alla competitività e alla crescita deve essere tenuta in conto nel rispetto dei nostri impegni”. Discorsi molto vicini a quelli del governo italiano con la sola (grande) differenza che il problema dell’Italia è convivere con un enorme debito pubblico con un maggiore rischio di vulnerabilità. La preoccupazione dei responsabili europei è palpabile, ma nessuno pronuncia parole precise, definitive. Il nuovo governo francese è ancora in via di composizione, l’Italia sta scrivendo nero su bianco le nuove indicazioni-obiettivo (presentazione l’8 aprile). Sulla carta la congiunzione del caso italiano e di quello francese potrebbe rafforzare il fronte dei “flessibilisti”. Secondo alcuni, però, potrebbe anche suscitare l’effetto opposto, irrigidendo ancora di più la Germania scarsamente disposta ad aprire un ‘tango’ sulle regole del patto di stabilità. Il ministro delle finanze tedesche Wolfgang Schaeuble ha proposto recentemente di mettere mano al Trattato Ue per accentrare ancora di più la ‘governance’ dell’Eurozona. Presupposto per una maggiore solidarietà. Il problema è che chi pone l’esigenza di flessibilità nelle regole di bilancio ne ha bisogno adesso.