LETTERA DA BRUXELLES Nell’Europa in crisi oltre 2 milioni di posti non ‘coperti’

Martedì la Commissione presenterà il nuovo rapporto sulla situazione sociale e dell’occupazione in Europa che farà il punto sulla disoccupazione a lungo termine, la polarizzazione dei salari, il funzionamento dei sistemi di protezione sociale. Dopo cinque anni di crisi economica, la disoccupazione ha raggiunto livelli mai toccati negli ultimi vent’anni. L’11,6% nell’Eurozona a settembre è stato il massimo storico da quando Eurostat pubblica la serie statistica, cioè dal 1995. Nell’Eurozona i disoccupati sono 18 milioni e mezzo, nell’intera Unione europeasono 25 milioni 700mila (10,6%). L’allarme è stato lanciato da tempo, ma risultati concreti non se ne vedono. A Bruxelles si comincia a parlare di una indennità di disoccupazione minima, di accelerare gli sforzi per alleggerire la tassazione sul lavoro. Ma c’è un terzo fronte da aprire: nonostante la crisi nella Ue ci sono oltre 2 milioni di posti di lavoro vacanti, non ‘coperti’ da nessuno.



  L’attenzione europea è rivolta in particolare alla disoccupazione giovanile, un dramma che comporta costi individuali, familiari e sociali enormi, ma anche costi economici per la collettività. Il costo economico del mancato inserimento dei giovani nel mercato del lavoro viene stimato dalla fondazione europea Eurofund in oltre 150 miliardi l’anno, pari all’1,2% dell’intera Ue. Per alcuni paesi come Bulgaria, Cipro, Ungheria, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia e Polonia, rappresenta il 2% o di più del pil nazionale. I dati sono impressionanti. Complessivamente nella Ue il tasso di disoccupazione giovanile ha superato il 25% in 13 Stati membri, ma Grecia e Spagna hanno tassi del 55%; Italia, Portogallo, Irlanda, Bulgaria, Cipro, Lettonia, Ungheria e Slovacchia hanno tassi pari o superiori al 30%. Più di tre disoccupati ogni 10 di età inferiore ai 25 anni sono senza lavoro da oltre 12 mesi: 1,6 milioni nel 2011, rispetto a 0,9 milioni nel 2008). Il tasso di occupazione complessiva dei giovani è sceso di quasi 5 punti percentuali negli ultimi 4 anni: tre volte il livello del calo che ha coinvolto gli adulti.
  Secondo la Commissione europea sono sette gli elementi che rendono la situazione della disoccupazione allarmante. Vediamoli uno per uno. Il tasso di disoccupazione giovanile è più di due volte superiore al tasso di disoccupazione degli adulti: 22,7% contro 9,2% nel terzo trimestre 2012. Le possibilità per un giovane disoccupato di trovare un posto di lavoro sono ridotte: solo il 29,7% dei giovani fra 15 e 24 anni e disoccupati nel 2010 ha trovato un posto nel 2011. Quando un giovane lavora, il posto è meno stabile; nel 2012 il 42% dei giovani occupati lavorava con un contratto temporaneo (quattro volte più degli adulti) e il 32% con un contratto part-time (due volte la percentuale degli adulti). Chi abbandona la scuola si trova nel gruppo ad alto rischio; il 54,2% di coloro che non hanno concluso gli studi non è occupato e circa il 70% vorrebbe lavorare. La rassegnazione è un fattore di crescente preoccupazione: il 12,4% dei giovani non attivi voleva lavorare ma non stava cercando un lavoro nel secondo trimestre 2012. Nel 2011 il 12,9% dei giovani non era occupato, non frequentava un corso di formazione o di avviamento professionale. Si tratta degli ormai famosi Neets, acronimo che in inglese indica 'neither in employment nor in education or training'. La posizione dei ‘Neets’ italiani rispetto ai loro coetanei europei è la seconda peggiore in assoluto: nel 2011 rappresentavano il 19,8% dei giovani fra i 15 e i 29 anni. La situazione in assoluto peggiore è quella della Bulgaria con il 22,6%. In terza posizione si trova la Spagna con il 18,5%. Ultimo elemento la mancata corrispondenza tra posti di lavoro disponibili e soggetti disponibili a lavorare (in inglese ‘skill mismatch’). E’ una delle vere sfide politico-organizzative sulle quali si misurerà la capacità della Ue di fronteggiare l’emergenza disoccupazione: non si tratta solo di migliorare i livelli di formazione culturale e professionale in linea con le richieste del mercato, ma di permettere alle persone giuste di trovare il posto giusto e, naturalmente, viceversa. Nonostante la crisi, i posti di lavoro non coperti superano i 2 milioni in tutta l’Unione europea. L’ultimo ‘Vacancy Monitor’ europeo ha mostrato che, nonostante, le principali fonti di occupazione abbiano ridotto il reclutamento nel primo trimestre 2012 rispetto al primo trimestre 2011 (artigiani e commercio relativo -12%, operati e assemblatori -7%, occupazioni elementari -13%), in due gruppi di occupazioni a profilo professionale medio e alto sono cresciute: i professionisti (+5%) e i tecnici/professionisti associati (+2%). Settori interessati le attività finanziarie, il business e la salute.
  Nel bollettino di dicembre sulla mobilità del lavoro nella Ue, stando alle indicazioni del portale Eures organizzato dalla Commissione, buone opportunità di lavoro erano disponibili per i professionisti associati nella finanza e nelle vendite (87mila posti vuoti), commessi (66700), pulizie domestiche e ristorazione (40500), assistenza alle persone (40300), professionisti associati nel settore sanitario escluso il settore infanzia (39mila). Nello stesso bollettino si segnala come solo il 6% di tutti i ‘cercatori’ di lavoro avessero tra i 55 e i 64 anni. Chi si trova in tali classi di età ha meno possibilità di trovare un lavoro; le principali aree di assorbimento potenziale sono in occupazioni elementari o medie dal punto di vista del profilo professionale. Gli uomini ‘anziani’ vengono richiesti prevalentemente per lavori nelle costruzioni, nei trasporti, in agricoltura e nel settore manifatturiero; le donne per le pulizie, i negozi, l’assistenza ai bambini. E, come sempre, per le professioni di contenuto professionale considerato più ricco come l’assistenza ai neonati e l’attività in ostetricia.