La combinazione delle due notizie può costituire una 'bomba': la Francia che perde la tripla A e con lei forse anche un altro paese dell'Eurozona (si dice l’Austria) e lo stop al negoziato tra banche e governo greco sul riscadenzamento del debito. I mercati hanno reagito male, peggio potrebbero reagire lunedì se non ci sarà la certezza che i governi Eurozona si apprestano davvero a prendere le ultime, fondamentali decisioni per fronteggiare la crisi infinita. Che la Francia fosse in predicato di perdere la massima valutazione delle agenzie di rating (la decisione riguarda Standard&Poor's e comunque non è stata ancora ufficializzata anche se non è stata smentita) lo si sapeva almeno da un mese. Il fatto che la Germania non farà la stessa fine è una garanzia per tutti (così come Olanda, Finlandia e Lussemburgo, stando alle fonti che hanno fornito oggi indicazioni all'agenzia di stampa francese Afp), ma certo non lenisce la ferita. Il vero interrogativo, a parte quello sul modo in cui si difenderà Nicolas Sarkozy, riguarda il possibile (anzi probabile) effetto negativo sulle difese dell'Eurozona: manterrà il Fondo salva-stati (Efsf) l'attuale capacità di raccogliere sul mercato i capitali da prestare a Grecia, Portogallo e Irlanda e ai prossimi paesi da salvare se sarà il caso? Perché l'intero castello del salvataggio finanziario si fonda sulla tripla A dei sei paesi dell'unione monetaria ed è grazie a questo che l'Efsf si presenta agli investitori con la massima valutazione delle agenzie di rating. Togli la tripla A alla Francia e la costruzione traballa.
Se già per i governi la soluzione della crisi era una lotta contro il tempo (sembra una battuta umoristica visto che la crisi del debito sovrano dura da quasi due anni), ora il tempo è davvero esaurito. Un modo di reagire concretamente alla spallata di S&P è annunciare chiaramente che il Fondo salva-stati permanente (Esm) che da luglio dovrà sostituire l'attuale Efsf, partirà con la dotazione di capitale cash di 80 miliardi interamente versati subito, non spalmati in cinque anni. Angela Merkel sembra disponibile mentre su questo argomento la Francia tace da due giorni. Inoltre, sarebbe meglio aggiungere le garanzie rimanenti dell'Efsf (per circa 200 miliardi) alla dotazione prevista per l'Esm invece che incorporarle. Su questo è la Germania a opporsi. Una cosa è certa: senza decisioni concrete convincenti, rischia di saltare l'intero quadro anti-crisi così faticosamente confezionato.
Il negoziato sul debito greco costituisce l'altro elemento di totale destabilizzazione: la sospensione del negoziato non è rottura, peraltro sono già previsti dei nuovi incontri la prossima settimana. A quanto risulta lo scontro tra International Institute of Finance (che rappresenta 450 banche) e governo ellenico sostenuto da Ue e Fmi è sul coupon dei nuovi bond in sostituzione dei vecchi in scadenza che questi ultimi spingono al ribasso (sotto il 4%). Obiettivo: portare la perdita effettiva netta sul valore del titolo detenuto tra il 60 e il 70%. La trattativa è complicata dal fatto che negli ultimi mesi le banche hanno venduto una parte dei titoli detenuti. Morgan Stanley calcola che 80 miliardi di bond ellenici sono ora nelle mani di altri investitori tra cui hedge funds, fondi sovrani e gestori di patrimoni. All'inizio le banche ne detenevano per 200 miliardi. Così il negoziato oscilla tra la volontà di Grecia, Ue e Fmi di assicurare una riduzione sostanziosa del debito ellenico (portandolo dal 160% al 120% entro il 2020) e la sfida dei 'nuovi' detentori di titoli a tirare su il prezzo per ridurre la perdita. Una rottura provocherebbe il marasma: il 20 marzo Atene deve rimborsare bond per 14,5 miliardi e l'operazione di riscadenzamento tecnicamente non si fa in un giorno ma in diverse settimane. E rinvierebbe il secondo aiuto finanziario alla Grecia: 130 miliardi di euro che si sommano al primo prestito di 110 miliardi.