Soddisfatti ma semicommissariati

Saremo soddisfatti certo, sarà soddisfatto Silvio Berlusconi. L’ormai fatidica Lettera Agli Europei ha raggiunto lo scopo: nessuna bocciatura, gli impegni per portare il deficit pubblico al pareggio, la crescita,  eccetera vanno bene (poi vedremo se tutte le misure indicate andranno bene agli italiani). Prendiamo nota, lodiamo, sosteniamo gli sforzi ambiziosi: i termini usati dagli altri leader Eurozona non avrebbero potuto essere più suadenti (vista soprattutto la situazione di partenza o, meglio, l’esperienza accumulata di tante cose affermate e di poche cose messe in pratica a parte il consolidamento del bilancio in tempi di crisi). Che ci si possa considerare ormai fuori dalla mischia, quella dei paesi sotto tiro, questo però non si può dire. Restiamo un paese i cui titoli pubblici sono sostenuti sui mercati dalla Bce e che sono tra i candidati a essere sostenuti dal nuovo Fondo salva-stati. Restiamo un paese con le politiche di bilancio ed economiche sotto stretto monitoraggio. Il documento finale del vertice Eurozona affida alla Commissione europea il compito di verificare pienamente se l’Italia metterà in pratica quanto annunciato. Passo dopo passo. E invita perfino il governo a creare le condizioni perché questa vigilanza sia possibile. Certo da noi non ci sono Troike, quei terzetti di funzionari di Bruxelles, Francoforte e Washington (rispettivamente Commissione, Bce e Fondo monetario) che negoziano con Atene, Portogallo e Dublino le scelte di bilancio e macroeconomiche nei minimi dettagli, l’amaro prezzo per aver avuto un prestito e per essere certi che sarà restituito. La nostra posizione, però, resta quella di un paese semicommissariato (d’altra parte la Lettera Agli Europei sarebbe pure andata e tornata diverse volte da Roma a Bruxelles per essere corretta e arricchita prima di essere sdoganata). Semicommissariato o vigilato speciale, che è poi lo stesso.