LETTERA DA BRUXELLES ‘Governance’ economica, il G20 copia la Ue (è il massimo)

In tempi di pirateria commerciale non piace a nessuno essere copiati, ma quando è la politica a copiare qualcosa allora tutti sono soddisfatti. Se poi il modello da copiare è pure criticato in patria tanto meglio. Parliamo del sistema di ‘governance’ economica europea, con il patto di stabilità, il rituale delle leggi finanziarie scrutinate a Bruxelles, le sanzioni (mai scattate) per i reprobi e, soprattutto, delle novità che la Ue ha appena introdotto specie sul controllo degli squilibri macro-economici. E’ esattamente a questo modello al quale il G20 ha deciso di ispirarsi decidendo di organizzare un confronto permanente dei grandi squilibri commerciali tra le aree mondiali che rendono necessarie azioni di prevenzione e correzione. Fuori dall’”economichese”, il G20 vuole seguire passo passo l’evoluzione dei surplus di parte corrente di Cina, Giappone e Germania e l’evoluzione dei deficit degli Stati Uniti, divergenze considerate un fattore decisivo nell’alimentazione delle crisi globali.

 La forzatura americana di fissare un tetto/obiettivo massimo di surplus della bilancia delle partite correnti del 4% rispetto al prodotto lordo non è passata per la decisa (e ovvia) opposizione di Cina e Germania, ma il principio di una stretta osservazione è passato. Toccherà ai ministri finanziari e al Fondo monetario internazionale applicarsi a questo nuovo compito di sorveglianza (pur senza poteri) e per prima cosa dovrà essere definita anche una griglia di indicatori oggettivi, strutturali, sui quali lavorare. E’ stato perfino ingenuo da parte americana pensare che un organismo come il G20 potesse ingabbiare la Cina o la Germania dentro la camicia di forza di un ‘tetto’ superato il quale non si sa poi che cosa bisogna fare di preciso. Ma è certo che un risultato la pressione di Obama l’ha avuto: gli squilibri tra le aree economiche d’ora in poi faranno parte di un lavoro analitico e di costante discussione in tutte le sedi globali, di qui potrebbe partire la base di un confronto più oggettivo sulle politiche di cambio oggi quantomai decisive per evitare ‘guerre’ economiche a base di svalutazioni competitive e restrizioni commerciali.
  Naturalmente ci vorrebbe ben altro al G20 per raggiungere la sofisticatezza del modello europeo di ‘governance’ economica, basti pensare ai vincoli politico-giuridici insiti nelle regole del patto di stabilità che disciplina le politiche di bilancio nella Ue. Il grado di ‘imprigionamento’ delle politiche nazionali di bilancio in un quadro europeo per quanto concerne gli obiettivi e per quanto concerne la responsabilità non può essere immaginato a livello mondiale. L’impronta, però, è proprio. Se ne è accorto subito il direttore generale del Fondo monetario Dominique Strauss-Kahn, che ha anche avuto l’onesta di ammettere che i paesi europei hanno “imparato a cooperare” anche se “non ne avevano molta voglia”. Così come non ne hanno molta voglia i grandi attori del G20. Certo, la Ue non se la passa poi tanto male se la sua “impronta” viene esportata e in qualche modo generalizzata.
  Ciò che interessa al G20, per la verità, è una pratica che in Europa per ora è solo sulla carta, sia pure fresca di stampa: la supervisione degli squilibri macro-economici (squilibri dei conti esterni all’andamento della produttività, perdita di competitività, andamento del debito privato, andamento del credito) dovrebbe partire infatti da gennaio 2011. Si tratta di uno dei due pilastri del patto di stabilità e di crescita, che secondo alcuni economici è il più importante, il più “strategico” perché se ben usato potrà evitare l’accumularsi di fattori di instabilità dell’intera Eurozona e della Ue. L’altro pilastro è costituito dalla vigilanza sui bilanci pubblici con le nuove sanzioni: il negoziato politico tra i governi è appena cominciato ed è troppo presto per pronunciarsi.