Non è solo l’Italia o, meglio, tanti politici italiani a disdegnare il passaggio a Bruxelles come parlamentari europei. Si tratta di un fenomeno piuttosto esteso (anche se l’Italia mantiene il primato delle dimissioni durante il mandato per sopravvenuti incarichi nazionali). Personalità di primo piano all’Europarlamento non se ne vedono molte, poche a Bruxelles-Strasburgo lo diventano. Scorrendo le liste dei candidati anche la prossima tornata non sfugge alla regola. Eppure ciò è totalmente stupido e controproducente anche dal mero punto di vista degli interessi nazionali mai così preponderanti come in questo periodo. Il motivo è semplice: si calcola che circa la metà delle leggi nazionali sono in parte o in tutto di derivazione europea. All’Europarlamento passa il 60% della legislazione europea attraverso varie procedure di decisione comune con il Consiglio (cioè i governi dei paesi membri). Se dovesse essere varata la Costituzione passerebbe al vaglio dei deputati europei il 90% delle nuove norme europee. Davvero un parlamentare europeo conta meno di un collega seduto in un parlamento nazionale?
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