“La supervisione dei mercati derivati sulle materie prime è una priorità” (commissario al mercato interno Michel Barnier).
“E’ chiaro che l’evoluzione dei prezzi delle materie prime agricole, sia al rialzo che al ribasso, non è mai stata così brutale: la speculazione non dovrebbe danneggiare le attività economiche” (commissario all’agricoltura Dacian Ciolos).
Bruxelles vuole fare sul serio. La preoccupazione per l’aumento dei prezzi delle materie prime, che con il barile di petrolio in zona 100 dollari ha spinto la Bce ad accendere un semaforo giallo sul rischio inflazione, sta spingendo la Ue ad accelerare la discussione sulle strategie da proporre su scala globale. A fine mese, il G20 si riunisce a Parigi per concordare, se sarà possibile, misure per fronteggiare il rialzo dei prezzi specialmente quelli dei principali prodotti agricoli per evitare la crisi del 2008. La presidenza francese ci gioca la facci: senza decisioni il rischio è che l’aumento dei prezzi dei prodotti di base e del petrolio scaldi l’inflazione, nutra reazioni protezionistiche e proteste sociali alimentando la probabilità di instabilità sociale ed economica. Tutti fattori che possono mettere in discussione la ripresa dalla crisi finanziaria rallentando i consumi nelle economie emergenti che stanno guidando l’attività sul piano mondiale. Uno scenario da evitare.
Il problema è che al momento non c’è ancora una strategia definita e il motivo viene sintetizzato così alla Commissione europea: prima di individuare la soluzione, nel G20 occorrerebbe mettersi d’accordo sui motivi che spingono al rialzo i prezzi. Si sta riproducendo la classica divaricazione fra chi sostiene che contano i fattori strutturali di mercato (aumento della domanda nei paesi emergenti, rendimenti decrescenti a causa delle imprevedibili condizioni climatiche, l’impatto delle produzioni bio o i prezzi dell’energia) e chi sostiene che il problema fondamentale è il legame tra i mercati agricoli e i mercati di altre materie prime in cui giocano un ruolo fondamentale i mercati finanziari che, fanno notare alla Commissione spingono i prezzi al rialzo e al ribasso a prescindere dalle realtà dei mercati “fisici”.
La questione è discussa da anni tra esperti e istituzioni internazionali senza che sia mai stata trovata la conclusione definitiva. La stessa Commissione europea nel caso delle speculazioni finanziarie sui contratti futures per il petrolio, pressata dai governi (la questione venne sollevata da Giulio Tremonti), preparò uno studio voluminoso senza trovare la prova che la finanziarizzazione estrema avesse avuto un peso determinante nelle fluttuazioni dei prezzi rispetto alle condizioni strutturali dei mercati. La letteratura sull’argomento non fornisce indicazioni esaustive sulla responsabilità dei mercati a termine e in particolare degli operatori finanziari nel rialzo dei prezzi delle materie prime nel 2007-2008. In ogni caso, è meglio essere prudenti e la revisione delle regole della finanza deve essere l’occasione per un intervento. Indica il Centre d’analyse stratégique, think tank alle strette dipendenze del primo ministro francese: “La mancanza di prove non significa che i mercati dei derivati debbano essere esenti da controlli”. Come accade oggi: i mercati dei derivati fuori borsa, compresi quelli legati alle materie prime, assicurano la massima confidenzialità delle transazioni, perché non c’è obbligo di registrazione. Secondo la Bri dal giugno 2006 a giugno 2008 il valore nozionale dei derivati sui mercati non regolamentati esclusi oro e metalli preziosi è passato da 5.850 miliardi di dolalri a 12.390 dollari.
Per quanto a Bruxelles accarezzi l’idea di poter aspirare a far da battistrada nella regolazione globale, la definizione di una strategia è ancora in una fase iniziale. Si lavora nella prospettiva di introdurre dei limiti alle posizioni dei soggetti finanziari sulle materie prime per contrastare movimenti eccessivi dei prezzi. Stando alle proposte contenute nel documento alla base della consultazione per aggiornare la direttiva sui mercati finanziari (Mifid) avviata un mese fa, le autorità di vigilanza dovranno avere il potere di ridurre le esposizioni sui derivati, inclusi quelli sulle materie prime, per assicurare l’ordinato funzionamento del mercato, proteggere gli investitori, evitare manipolazioni da parte dei trader. Non solo: dovranno poter monitorare e intervenire a ogni stadio dell'attività di trading in tutti i derivati su materie prime. Le società che operano nel settore delle materie prime possono essere esentate da tali regole solo quando operano negli strumenti finanziari sulla base dei loro conti o forniscono servizi di investimento nei derivati su materie prime su base accessoria rispetto al business principale e quando non sono controllate da gruppi finanziari.
Per quanto il regolatore americano del mercato, la Commodity Futures Trading Commission, abbia appena approvato un piano per frenare la speculazioni sulle materie prime inclusi petrolio, oro e grano (anche qui si parla di limitare le posizioni), anche dall’altra parte dell’Atlantico non si è pronti. Prima di Natale la Cfts ha indicato che non sarà in grado di rispettare le scadenze (norme anti-speculazione per mercati dell’energia e dei metalli entro gennaio, per le materie prime agricole entro aprile) in mancanza di dati sufficienti. Il Congresso preme, ma gli interessi in ballo sono fortissimi.