Che Eurozona e Usa cooperino per fronteggiare gli scossoni che promanano dalla crisi greca e del debito sovrano è un fatto evidente. Tuttavia tra le due parti restano dubbi e perfino sospetti. Lo si è capito dal difficile confronto dei ministri dell'Eurogruppo con il segretario al Tesoro Geithner, che non ha avuto certo molti peli sulla lingua. Ha detto chiaro e tondo che gli europei devono smetterla di litigare fra loro, con la Bce, di dichiarare (alcuni) che l'unione monetaria sta per crollare. Devono invece rimboccarsi la maniche, evitare "rischi catastrofici" sui mercati, cominciando a mettere più capitali nel Fondo salva-stati, non pensare alla tassa sulle transazioni finanziarie e pensare piuttosto a rafforzare la crescita. La maggior parte dei ministri Eurozona non ha gradito (e in parte giustamente) il tono, la "lezione" dell'americano nonostante in cuor proprio i ministri sappiano che molte delle critiche di Geithner non sono campate per aria.
L'episodio è sintomatico di una tensione che è nelle cose. C'è una dissonanza sulle strategie: al contrario degli Usa per l'Eurozona il consolidamento di bilancio resta un obiettivo primario nonostante il rallentamento dell'economia. E se entrambi sono convinti che la crisi del debito sovrano è diventata sistemica, adesso gli Usa temono che la tortuosità della risposta messa in campo in Europa, la dilatazione nel tempo delle decisioni stiano mettendo a rischio la stabilità dei mercati. Questa è una novità.