I canali dell’afflusso del credito bancario all’economia ostruiti nei paesi della ‘periferia’, in quelli sempre sotto il tiro dei mercati e non solo. I bilanci delle banche da ‘pulire’, grande operazione di ‘deleveraging’. La riduzione dell’indebitamento anche di imprese e le famiglie. I progressi ancora insufficienti verso una unione economica monetaria più forte. E’ la situazione attuale dell’Eurozona, che oggi presenta un nuovo rischio a breve termine: la “fatica dell’aggiustamento”. E’ scritto nero su bianco nell’ultimo rapporto sull’economia mondiale del Fondo monetario internazionale. E ne parlano anche gli esponenti della Bce. In una conferenza che si è svolta a Dublino in concomitanza con le riunioni informali di Eurogruppo ed Ecofin, il capo economista Peter Praet, madre tedesca e padre belga, ha lanciato questo allarme: “In molti paesi sta aumento la probabilità di una ‘fatica da consolidamento’ dei bilanci pubblici come conseguenza del forte aggiustamento che è già stato condotto”.
La ‘fatica’ è essenzialmente di carattere sociale, ha a che vedere con un concetto di sostenibilità diverso da quello correntemente usato dalle istituzioni europee e dal Fmi. Non si tratta in questo caso di sostenibilità finanziaria derivata da politiche di bilancio restrittive con l’obiettivo di arrivare al pareggio strutturale o nei pressi del pareggio. Si tratta di sostenibilità sociale, che può essere garantita solo se il consolidamento di bilancio e le riforme strutturali, ovviamente necessari, avviene in tempi realistici. Non viene ostacolato. Ai banchieri ed esponenti della finanza riuniti da Eurofi a Dublino, associazione europea del settore, il capodipartimento mercati finanziari e monetari Fmi José Vinals l’ha spiegata così: “La crisi, che dura da cinque anni, continua a sorprendere la maggior parte di noi a causa dell’enorme e crescente costo umano. Ciò è specialmente vero in Europa: troppe persone hanno perso il lavoro, c’è una nuova generazione che non riesce a sbarcare il lunario, nell’Eurozona la disoccupazione è all’11,3%, in Grecia e Spagna una persona attiva su quattro è disoccupata…. è devastante, non può durare a lungo”.
La fatica ‘sociale’ si combina alla fatica politica, che riguarda la capacità/possibilità dei governi in carica di restare in sella, sempre meno in grado di fronteggiare le ondate di euroscetticismo (pragmatico non ideologico). Il ministro dell’economia Pierre Moscovici ha spiegato il punto di vista della Francia, che chiede un anno di tempo in più per portare il deficit/pil appena appena sotto il 3% (nel 2014 invece che nel 2013): “Ho detto con molto forza ai miei colleghi europei, all’Ecofin e all’Eurogruppo: attenzione, l’Unione europea sta facendo fronte a un movimento di euroscetticismo, di rigetto… la Francia rifiuta di aggiungere austerità alla recessione”.
La conclusione della Bce non è la stessa del governo francese e, infatti, il capo economista Praet dice che “i ‘policy makers’ devono fare del loro meglio per spiegare la necessità di ulteriore aggiustamento fino a quando gli obiettivi a medio termine (cioè il pareggio di bilancio o nei pressi – ndr) non saranno raggiunti”. La conclusione del Fondo monetario è un po’ diversa da quella della Bce: può essere indicata come la linea della “doppia prudenza”. Prudenza nel mantenere la barra dell’aggiustamento dei conti pubblici e delle riforme economiche, prudenza “nell’uso di tutte le misure per sostenere la domanda”. Ha detto la dg Christine Lagarde: “Per la maggior parte dei paesi europei il consolidamento del bilancio è una necessità dato il livello dell’indebitamento, ma non è necessario che tutti i tagli siano brutali o rapidi o anticipati, occorre un equilibrio tra quanto viene richiesto e quanto è tollerabile”. Il consolidamento di bilancio, ha sostenuto Vinals alla conferenza di Dublino, “è una maratona non uno sprint, se la crescita peggiora occorre focalizzarsi sulle misure di bilancio piuttosto che sugli obiettivi di bilancio evitando azioni indebitamente pro-cicliche” (che peggiorano ancora di più l’economia).
Nell’ultimo rapporto economico del Fondo monetario si parla di “fatica di aggiustamento” anche in relazione a un indirizzo politico “generale di ritorno indietro in una Eurozona finanziariamente frammentata in cui i mercati finanziari restano altamente vulnerabili a cambiamenti improvvisi cambiamenti di umore, di valutazioni”. Per frammentazione si intende un fenomeno specifico derivato dal circolo vizioso crisi del debito sovrano-crisi bancaria: i costi del finanziamento bancario sono molto diversi tra paese e paese, nel senso che l’accesso al mercato interbancario è possibile a banche di certi paesi e non a banche di altri paesi. E’ questo che ha ostruito la normale trasmissione degli effetti della politica monetaria (con tassi di interesse ai minimi) ai tassi di interesse bancari per i prestiti a imprese e famiglie. Una situazione drammatica dato che circa tre quarti del finanziamento delle imprese Eurozona passa dalle banche (circa un terzo negli Usa, in Italia la quota bancaria è più alta rispetto agli altri paesi). Da notare che mentre per il Fmi il rischio di frammentazione è tuttora presente, la Bce ritiene che la situazione stia migliorando nettamente. Alla ‘nazionalizzazione’ degli effetti finanziari della crisi si affiancano gli effetti del ‘deleveraging’ bancario simultaneo: il Fmi stima che le banche europee devono fronteggiare una operazione di ‘deleveraging’ di 1500 miliardi di euro. In alcuni paesi anche le imprese si stanno sottoponendo alla cura finanziaria dimagrante, operazione inevitabile, che anche secondo il Fmi limiterà la crescita economica per molti anni perché peserà direttamente sulla spesa per investimenti e sulle scelte di consumo delle famiglie. Il circolo vizioso è così guidato da tre fattori che si nutrono a vicenda: mercato del debito sovrano fragile, banche deboli, stagnazione o bassa crescita.