Man mano che si avvicinano le tante ‘rese dei conti’ in paesi chiave dell’Unione europea (a dicembre in Italia e Austria, a marzo in Olanda, ad aprile-maggio Francia, in autunno Germania), tutto si surriscalda nella politica europea. E le divisioni si approfondiscono. Questa volta la pietra dello scandalo è stata la ‘svolta’ della Commissione a favore di un intervento di bilancio chiaramente espansivo a livello della zona euro pari allo 0,5% del pil, 50 miliardi. Obiettivo: rafforzare la crescita nel 2017 e nel 2018 in modo che il bilancio ‘virtuale’ dell’unione monetaria, cioè la sommatoria delle ‘finanziarie’ dei 19 Stati che ne fanno parte, sia non neutrale bensì sostenga l’attività economica. Al Bundestag il ministro delle finanze tedesche Wolfgang Schaeuble ha spiegato con dovizia di particolari ciò che aveva già sussurrato nei giorni scorsi: chiedendo a Germania, Olanda e Lussemburgo di spendere di più, la Commissione “non assolve al proprio ruolo, ma fa il contrario”. Interviene subito Matteo Renzi: “La Commissione deve controllare i bilanci? Cominciamo dal tuo, caro Schaeuble, voglio cambiare la politica economica europea tutta basa sull’austerità”.
Nelle stesse ore in cui montava la polemica contro la Commissione Juncker a Berlino, a Strasburgo andava in scena lo scontro tra i deputati del partito popolare e i deputati del partito socialista e verdi sulla proposta comunitaria lanciata qualche giorno fa. Analoghi i termini del contrasto: il Ppe schierato con Schaeuble, il Pse con la Commissione. Con l’aggiunta di un contrasto che da politico può riversarsi facilmente sulle istituzioni europee: se l’Eurogruppo nella riunione del 5 dicembre dovesse affondare la proposta della Commissione europea, il Pse ne trarrà delle conseguenze. Il capogruppo dei Socialisti&Democratici Gianni Pittella ha dichiarato che la proposta dello ‘0,5%’ è una “linea rossa” da non travalicare altrimenti salta il sostegno socialista alla Commissione europea.
Tanta fibrillazione ha molte motivazioni. Da un lato tutti i partiti e gli esponenti politici parlano sì da un ‘pulpito europeo’, ma hanno l’occhio costantemente rivolto alle opinioni pubbliche nazionali. Ciò vale anche per Schaeuble. Il ministro delle finanze tedesche è certamente un apostolo della rigidità nel rispetto delle regole, è diventato negli ultimi mesi il principale oppositore della Commissione Juncker, che ritiene ormai in corsa sfrenata verso una flessibilità totale gettando all’ammasso le regole del patto di stabilità. Bene, quando si è trattato di avere un occhio di riguardo per il deficit della Spagna guidata dal compagno di partito (europeo) Mariano Rajoy, Schaeuble si è fatto sentire a Bruxelles, eccome, spingendo per il ‘salvataggio’. Dall’altro lato, la confusione originata da Brexit, dall’incalzare delle crisi multiple che stanno sfibrando l’Unione europea e il tessuto connettivo delle relazioni tra Stati e interessi nazionali (bassa crescita, sicurezza e terrorismo, immigrazione) e dalla forza delle posizioni populiste ed euroscettiche, sta avvelenando le relazioni politiche.
Si aggiunga l’incalzare delle scadenze elettorali, che spiega a rincorsa a toni sempre più aspri, credendo che alla fine si tratta di ‘feritine’ rapidamente rimarginabili. Tutto questo però non deve far dimenticar che esistono divisioni profonde sulle risposte da dare in termini di politica economica, sociale (riferimento all’immigrazione) e sicurezza. Il risultato è il rischio di paralisi nel momento in cui tutti o quasi dicono che occorre dare risposte.
Secondo una fonte diplomatica europea è improbabile che Juncker abbia realmente “sorpreso” Berlino lanciando la proposta della ‘manovrona’ da 50 miliardi per potenziare la crescita nella zona euro. Ciò avvalorerebbe la tesi del ‘gioco delle parti’. Difficile immagine che il governo tedesco non ne sapesse nulla e che Juncker abbia agito senza sponde. Sarebbe la prima volta. Certamente a Berlino si teme che la ‘svolta’ di Juncker preluda a una svolta più di fondo, che potrebbe riguardare la struttura attuale della ‘governance’ economica. Secondo alcuni ormai è improrogabile il passaggio a un bilancio unico della zona euro, agli eurobond (questa è la posizione italiana). Berlino teme una riscrittura delle regole di Maastricht e su questo non è detto poi che i socialdemocratici tedeschi la pensano molto diversamente dai colleghi del partito di Merkel.
Schaeuble ha portato al Bundestag i conti tedeschi spiegando che fra il 2005 e il 2015 gli investimenti in Germania sono aumentati del 3,9% all’anno rispetto a un aumento nella zona euro dello 0,7%. Ciò non toglie però che da anni la Germania accumuli in surplus di parte corrente: 2016 9% del pil, 2017 8,7%, 2018 8,5%. Dal 2012 il bilancio pubblico è stato o a saldo zero (2012) o in surplus eccetto che nel 2013 (deficit di 0,2% del pil). Quest’anno sarà in surplus dello 0,6% del pil, nel 2017 sarà dello 0,4%, nel 2018 dello 0,3%. Secondo i calcoli dei Verdi dell’Europarlamento, la ‘svolta’ espansionista proposta da Juncker implicherebbe per la Germania passare a un disavanzo nel 2017 pari allo 0,5% del pil. Ecco spiegato il no di Schaeuble.