E’ all’insegna dell’equilibrio la valutazione dell’economia della zona euro disegnata nell’ultimo rapporto della Banca Mondiale: i prezzi del petrolio bassi e le favorevoli condizioni monetario stanno sostenendo la spesa per consumi e investimenti e, in assenza di ulteriori ‘escalation’, le preoccupazioni sulla sicurezza in seguito agli attacchi del terrorismo islamico a Parigi, “non sono attese avere effetti duraturi sulla fiducia e sull’attività economica”. Tale lettura è in contrasto con i dubbi sulla forza dei fattori di crescita che emergono dalle valutazioni comunitarie, che indicano una prevalenza di rischi di una ripresa persistentemente debole, rischi perlopiù provenienti dall’esterno (Cina compresa).
Le stime di crescita del pil della Banca Mondiale sono leggermente inferiori a quelle della Commissione europea (pubblicate ue mesi fa): 1,7% nel 2016, media dell’1,6% nel biennio 2017-2018. Per gli economisti della dg Affari economici di Bruxelles 1,8% quest’anno e 1,9% nel 2017. Dopo un 2015 rincuorato da una domanda interna più forte e dall’accelerazione delle esportazioni parzialmente dovuta al deprezzamento dell’euro: risultato 1,5% (la Commissione prevedeva 1,6%) con un’attività solida in Spagna, un po’ deludente in Germania e “ancora ritardata sebbene in graduale risalita in Francia e Italia”.
L’andamento degli indici di fiducia del business e dei consumatori a dicembre rafforzano tale valutazioni. La Banca Mondiale dettaglia gli elementi della sua analisi in tinte rosa: rallentamento del consolidamento dei bilanci pubblici e mercato del lavoro più mobile sostengono la domanda interna, ripresa del credito dopo anni di contrazione, fattore però controbilanciato da una restrizione in alcuni paesi a causa dell’alto livello di sofferenze bancarie e di asset deteriorati nei bilanci.
Altro segnale positivo: il caso Grecia non esiste più come fattore di destabilizzazione economica e politica dell’area monetaria. In definitiva, le economie periferiche sono state scarsamente condizionate dal contagio della crisi ellenica, il programma economico che sostiene il terzo prestito di 86 miliardi è duro per la Grecia, rappresenta una sfida, ma le pressioni finanziarie su Atene sono scemate e la situazione appare sotto controllo. Gli interrogativi sul futuro della zona euro sono rientrati.
Un fattore da considerare attentamente, avvisa la Banca Mondiale, è l’andamento dell’euro: nonostante la politica monetaria accomodante, la moneta unica europea si è apprezzata di circa il 7% nei confronti delle valute dei maggiori partner commerciali dal ribasso registrato ad aprile 2015. Ciò, dicono gli economisti dell’istituzione di Washington, può ridurre l’intensità dell’aumento dell’export della zona euro (combinato al rallentamento della Cina) e ritardare la ripresa dell’inflazione. I modelli macroeconomici indicano che un 7% di apprezzamento della moneta unica riduce la crescita del pil della zona euro tra lo 0,2% e lo 0,4% e l’inflazione tra lo 0,1% e lo 0,5%.
Il fattore euro ha dunque a che fare con le preoccupazioni per la deflazione, che non è più un’emergenza, essendosi ridotte di mese in mese. Tuttavia, ecco il segnale della Banca Mondiale, “tali preoccupazioni non sono scomparse, con una inflazione ‘core’ (al netto degli elementi volatili) e la crescita delle retribuzioni smorzate, particolarmente nelle economie con alti tassi di disoccupazione a lungo termine”.