No a un condono parziale del debito, porta aperta a un allungamento dei tempi di ripagamento del debito e forse anche a una sforbiciata ai tassi di interesse. È questa la linea dell’Eurogruppo che non ha preso alcuna decisione, ma ha stabilito una specie di ‘linea rossa’ che non dovrebbe essere oltrepassata. Non c’è ancora una posizione ufficiale, è stato il presidente Jereon Dijsselbloem a definire i ‘paletti’ della strategia europea che si fondano su due argomenti: i governi dell’Eurozona hanno già fatto molto per alleviare il peso del debito (oltre il 175% del pil), la regola dell’unione monetaria è che gli impegni assunti vanno rispettati. In sostanza, se ci sarà un problema di “sostenibilità del debito” di questo si discuterà dopo aver chiuso il negoziato sull’attuazione del programma economico sul quale le posizioni di Atene e della Troika sono nettamente distanti. Dato che è improbabile che Tsipras accetti di coprire il ‘buco’ nel bilancio 2015 di 2,6 miliardi emerso dai conti della Troika, è evidente che entrambe le parti dovrannoi cedere su qualcosa. La soluzione di cui si parla è intermedia: nessuna cancellazione del debito, disponibilità a trattare su condizioni di pagamento migliori. La cosa certa è che l’Eurogriuppo è “pronto a discutere il più presto possibile”.
Dal punto di vista politico non ci sono stati commenti di rilievo a parte il fatto delle congratulazioni fatte a Tsipras per la vittoria (da parte del presidente Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem). Il presidente della Commissione Jean Claude Juncker ha ricordato la partecipazione del leader greco al dibattito in Eurovisione per le candidature alla presidenza della Commissione prima del voto europeo, come dire che ‘siamo vecchi amici’. Le cose non stanno così, almeno per ora l’atmosfera non è quella di ‘vecchi amici’.
Le prime reazioni sono concentrate sulla questione del debito ellenico perchè è da lì che può partire una nuova ondata di tensione internazionale. Ma da lì potrebbe anche partire una nuova fase per l’Eurozona. Dalla riunione dei 4 presidenti Ue (Donald Tusk per l’Unione, Mario Draghi per la Bce, Jean Claude Juncker per la Commissione e Jeoreon Dijsselbloem per l’Eurogruppo) non è trapelato nulla. Vale la regola che si fanno i complimenti a chi ha vinto le elezioni e ci si prepara al dialogo. Le conseguenze politiche non matureranno che nel medio periodo tanto più che quantomeno nei ‘palazzi’ europei di Bruxelles si ritiene che il governo Tsipras negozierà a muso duro ma con l’obiettivo di trovare un accordo e restare a pieno titolo nell’unione monetaria.
La questione del debito è sul tappeto: l’Eurogruppo intende tenerla separata dal negoziato per sbloccare l’ultima ‘tranche’ del prestito europeo (1,7 miliardi) e prepararsi alla fine del programma la cui scadenza è stata spostata a fine febbraio. In questo quadro sul tavolo c’è la possibilità di un allungamento della scadenza del programma di aiuti di 4-6 mesi per avere tutti gli elementi un accordo sul debito e per gestire il rientro sui mercati con una linea di credito europea pronta a essere usata (i bisogni di finanziamento quest’anno sono calcolati in circa 21 miliardi). La chiusura del negoziato con la Troika è uno scoglio politico-economico enorme: oltre al fatto che Tsipras intenderebbe dare subito dei segnali chiari alla popolazione che la Grecia (e l’Europa) sono definitivamente entrati in una nuova fase, il leader greco non vuole trattare con la Troika, ma soltanto con i responsabili politici europei e i governi. D’altra parte i vertici europei si fanno forti del principio secondo cui i nuovi governi ereditano le decisioni dei vecchi. “I governi firmano accordi a nome del paese”, ricorda una fonte diplomatica europea. La sottolineatura è legittima, ma nel caso greco è un fatto che il negoziato con la Troika è del tutto aperto.
A Bruxelles sono convinti che dopo qualche prima “dimostrazione di muscoli” il negoziato con la Grecia decollerà per la semplice ragione che lo scenario opposto sarebbe rischioso per tutti. La questione del debito è assai spinosa: anche nei ‘palazzi’ europei molti sono convinti che la Grecia non sia in grado di sostenerlo, ma le sole strade che si possono seguire – si dice – vanno nella direzione dell’alleviamento non del condono. È un implicito no alla conferenza internazionale sulla cancellazione di una parte del debito chiesta da Syriza. Ma è una esplicita apertura verso una soluzione evocata da diversi esponenti politici compreso il premier finlandese Stubb, notoriamente su posizioni assai rigide.
Sul fatto che non ci sia condono del debito sembra esserci consenso nell’Eurogruppo e ciò non sorprende dal momento che il 60% dei 330 miliardi del debito greco e’ detenuto dalla Ue attraverso i fondi Efsf e Esm (di cui la Germania e’ l’azionista piu’ pesante), il 12% e’ detenuto dal Fondo monetario internazionale, la Bce detiene l’8%. Nessuno Stato (neppure l’Italia) è in grado di sostenere l’urto finanziario e politico di un condono alla Grecia. Comunque la maggioranza dei paesi non vuole avventurarsi su questa strada.