Legge stabilità, 11 giorni per il responso europeo

Il peggioramento del deficit pubblico italiano in termini strutturali rispetto al prodotto di mezzo punto percentuale nel 2016, lo spostamento al 2018 dell’equilibrio e al 2019 del surplus di bilancio, il calo del debito/pil (dopo aver toccato il picco quest’anno a quota 133%) principalmente grazie alla crescita economica e al surplus primario permetteranno un via libera alla ‘finanziaria’ 2016 italiana chiaro, netto, senza dubbi e giudizi sospesi da parte della Commissione europea? La risposta a questo interrogativo si avrà fra dieci giorni, esattamente il 16 novembre, giorno in cui sono attese le valutazioni dell’esecutivo Ue sulle leggi di stabilità degli Stati membri. Oggi né il documento sulle stime macro-economiche né il commissario Pierre Moscovici hanno offerto delle chiavi di lettura sul giudizio comunitario. Bruxelles si trincera in difesa della neutralità dei dati: l’analisi qualitativa sulla ‘finanziaria’ italiana è tuttora in corso.

Le questioni aperte per l’Italia sono tre. La prima è l’assenza di aggiustamento del bilancio in termini strutturali nel 2016: il deficit strutturale passa dall’1% nel 2015 (era all’1,1% nel 2014) all’1,5%. Nel 2017 si riduce marginalmente all’1,4%. Ciò avviene mentre la ripresa nel triennio 2015-2017 è positiva e sempre più, ha indicato oggi Bruxelles, in grado di “autorafforzarsi”. Secondo le cifre della legge di stabilità italiana il saldo in termini strutturali peggiorerà nel 2016 dello 0,3% nel 2016 e migliorerà dello 0,4% nel 2017; secondo le stime europee pubblicate oggi peggiorerà dello 0,5% nel 2016 e migliorerà dello 0,1% nel 2017.

Le regole europee permettono una “deviazione significativa” rispetto al percorso di riduzione del deficit in termini strutturali solo a certe condizioni e purché ci sia un margine di sicurezza che riduca considerevolmente il rischio che il deficit/pil in termini nominali superi il 3%. Nel 2016 tale margine in termini strutturali, il solo che viene preso in considerazione per questa analisi, c’è, visto che la ‘soglia di sicurezza’ è fissata all’1,7% di deficit/pil in termini strutturali.

Ciò che la Commissione deve valutare è se esistono le condizioni per la sospensione dell’aggiustamento. Qui si arriva alla seconda questione aperta che riguarda la flessibilità richiesta dall’Italia. Nel progetto di legge di stabilità viene indicato un valore complessivo pari a 0,4% del pil (6,2 miliardi di euro). Lo 0,1% del pil si riferisce all’attuazione delle riforme strutturali: si aggiunge allo 0,4% del pil riconosciuto l’anno scorso (in tutto la Commissione prevede una deviazione del percorso di consolidamento del bilancio di massimo mezzo punto percentuale di pil). Lo 0,3% del pil è relativo alla quota di finanziamento nazionale in progetti di investimenti co-finanziati dall’Unione europea (quota corrispondente a 5,150 miliardi). A tanto ammonta la deviazione temporanea dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine (equilibrio di bilancio) richiesta a Bruxelles.

A sostegno di tale richiesta l’Italia a parte l’argomento generale del miglioramento del potenziale di crescita, del maggiore sostegno della ripresa che permette automaticamente una riduzione del debito, anche l’output gap (differenza tra crescita effettiva e crescita potenziale) che per il 2016 è negativo, -2,5%, ben sopra la soglia di -1,5% considerata una circostanza economica sfavorevole.

Infine c’è la flessibilità per le spese di accoglienza e trasferimento dei migranti, che l’Italia valuta 0,2% del pil. La Commissione procederà caso per caso valutando le spese effettivamente collegate ai rifugiati: negli ultimi giorni è emerso che Bruxelles potrebbe addirittura sospendere il giudizio sulle richieste avanzate in tal senso da alcuni paesi (tra cui appunto l’Italia) per avere dati più certi a disposizione. Non ci sono in ogni caso conferme.

La terza questione aperta riguarda il debito e l’applicazione della regola per ridurre la parte eccedente il 60% del pil di un ventesimo l’anno come media dei tre anni. Si tratta di vedere come la Commissione valuterà il contesto economico dell’Italia e se ritiene che esistano le condizioni per una interpretazione flessibile di tale regola. La Commissione certifica in ogni caso che il debito/pil cala sia nel 2016 che nel 2017 sostanzialmente “grazie a una crescita nominale più alta e al surplus primario”. Nel 2016 il debitop/pil comincerà a calare per la prima volta dopo otto anni di aumento.

Più in generale, nel rapporto di previsione pubblicato dalla Commissione europea, si rileva che in Italia come in Francia la crescita resterà inferiore alla media della zona euro e ciò sarà confermato anche nel 2016 e nel 2017. Quest’anno quella dell’Italia sarà di 0,7 punti percentuali inferiore alla media eurozona, quella della Francia di 0,5 punti; nel 2016 Italia -0,3 e Francia -0,4 punti; nel 2017 Italia -0,5 e Francia -0,2 punti. E’ interessante notare il confronto in un periodo più lungo per i due paesi: tra il 2007 e lo scarto tra la crescita Eurozona e quella italiana è stato negativo per l’Italia a -1,1% e positivo per la Francia di 0,2%; nel 2013 è stato negativo per l’Italia a –1,4% e positivo per la Francia dell’1%; nel 2014 era negativo per l’Italia a -1,3% e per la Francia a -0,7%.

Da una tabella relativa all’andamento del pil nel periodo 2008-2015 in sette paesi europei, si ricava che l’Italia è l’unico a non aver raggiunto i livelli pre-crisi. Gli altri paesi sono Germania, Polonia, Spagna, Olanda, Francia, Regno Unito.