LETTERA DA BRUXELLES – Chiusi due anni di recessione, ma la vera svolta ancora non c’è

 E’ il terzo trimestre consecutivo di crescita positiva per l’Eurozona. 0,3% negli ultimi tre mesi dell’anno, preceduto da 0,1% fra luglio e settembre, 0,3% fra aprile e giugno. Nei primi tre mesi dell’anno -0,2%. La lenta risalita dalle secche della recessione è tutta nelle cifre. Si puo’ dire che la crescita e’ diventata in qualche modo piu’ rapida (meglio dire un pochettino meno lenta), arrivando a un livello leggermente superiore alle attese dato che gli analisti scommettevano su +0,2% nell’ultimo trimestre 2013. Solo Estonia e Cipro stanno ancora sotto zero. Cionondimeno se si guarda all’andamento dell’intero anno il pil è caduto dello 0,4% (nella Ue è cresciuto dello 0,1%), portando a due gli anni di recessione: nel 2012 il pil era calato dello 0,7%. Le indicazioni sul 2014 danno una crescita superiore di poco all’1% a conferma che la ripresa sara’ lunga, graduale e piuttosto deludente. Nel frattempo gli Usa hanno ‘chiuso’ l’ultimo trimestre dell’anno a quota +0,8% dopo l’1% nel terzo trimestre, 0,6% nel secondo e 0,3% nel primo.



  La crescita nel quarto trimestre 2013 e’ stata migliore delle attese in Germania: non e’ il proprio il motore della ripresa europea, ma se quel motore fosse fermo sarebbe un guaio per tutti. Dopo i furori polemici sull’egoismo tedesco che non usa tutti gli strumenti a disposizione per rafforzare la domanda interna dell’Eurozona (egoismo che pure esiste), siamo entrati in un fase di riflessione meno dogmatica e frettolosa dopo che la Commissione europea ha aperto una analisi approfondita per verificare se il surplus dei conti esterni tedeschi puo’ essere un elemento di preoccupazione per la stabilita’ economica interna e dell’Eurozona. Martedi’ l’Ecofin approvera’ un documento sulle raccomandazioni europee ai diversi paesi in cui si segnala come, “contrariamente ad ampi e sostenuti deficit delle partite correnti, ampi e sostenuti surplus non sollevano preoccupazioni sulla sostenibilita’ del debito esterno o sulla capacita’ di finanziamento che comporti conseguenze negative sul funzionamento dell’Eurozona”. Dunque dal surplus tedesco nessun vero pericolo.
  Germania a parte, la novita’ degli ultimi dati Eurostat e’ che per la prima volta da circa tre anni le sei economie maggiori della zona euro progrediscono contemporaneamente: Olanda in testa, seguita da Germania e Belgio, Spagna, Francia, Italia alla striminzita quota di 0,1% dopo 0% nel terzo trimestre e crescita negativa sia nel secondo (-0,3%) che nel primo (-0,6%). Non ci sono indicazioni sui componenti della crescita, ma risulta che hanno trainato l’attivita’ le esportazioni, specialmente in Germania, mentre i consumi battono la fiacca dappertutto. Nei mesi scorsi si era parlato di un cambiamento del “paradigma” della crescita tedesca con una domanda interna brillante che pareva potesse trainare l’attivita’: di tale movimento per ora non c’è ombra. Si ritiene pero’ che la solidita’ del mercato del lavoro “cementera’” l’attivita’ interna e migliorera’ le aspettative di famiglie e imprese. In ogni caso non e’ chiaro se nell’insieme dell’Eurozona i rischi di deflazione sono superati o meno, ma adesso sembra che si guardi a tale rischio con meno pessimismo. Almeno questo e’ l’umore di vari analisti di mercato.
 I governi sono molto cauti. Ritengono che “la ripresa resta fragile” e che “l’eredita’ della crisi, l’alta disoccupazione e la persistente frammentazione finanziaria, insieme alla necessita’ di ridurre i debiti pubblici e privati, di ristrutturare e aggiustare settori (industriali), continueranno probabilmente a pesare sulla crescita”. Questa e’ la posizione dei ministri delle finanze che appare nei documenti preparati per la riunione Ecofin di martedi’. La vera svolta ancora non c’e’.