La svolta sul Fondo unico di risoluzione delle banche apre nuove prospettive

E’ politicamente molto importante che la Germania abbia accettato di mutualizzare le risorse del Fondo europeo di risoluzione bancaria. Certo, si tratta di usare centralmente in modo progressivo risorse nazionali con un processo che si concludera’ in dieci anni, ci sono pali e paletti per evitare l’appropriazione indebita di risorse gestite a livello europeo. Inoltre, elemento essenziale, non si tratta di denaro pubblico perche’ i fondi saranno versati dalle stesse banche: facile mutualizzare i soldi degli altri. Pero’ se si pensa all’intreccio tra politica e banca in Germania non può sfuggire il rilievo di tale  prospettiva. Il concetto di “mutualizzazione” entra a pieno titolo nel vocabolario degli interventi comuni per fronteggiare le crisi e non era scontato.
  Per mutualizzare le risorse del Fondo la Germania ha ottenuto il rafforzamento del ruolo dell’Ecofin nelle decisioni di risoluzione, lontano dalla proposta iniziale che vedeva la Commissione Ue come ‘decisore semisolitario’. E ha ottenuto che tutta l’impalcatura della risoluzione europea si fondasse su un accordo tra i governi, non fosse “comunitarizzata”, secondo lo schema dell’European Stability Mechanism (in cui si decide solo all’unanimita’). Poi è ancora tutta aperta la partita dei paracadute finanziari pubblici per eventuali interventi di ricapitalizzazione in relazione agli stress test e alla verifica della qualita’ degli asset, e pure quella sui prestiti che il Fondo di risoluzione potra’ chiedere ad altre istituzioni, a cominciare dall’Esm. Un negoziato che avrà luogo la prossima settimana a Bruxelles e che non si preannuncia facile.
  La prospettiva di un ‘backstop’ comune “pienamente operativo” è spostata al momento in cui il Fondo di risoluzione unico sarà totalmente finanziato. Dieci anni è un tempo lunghissimo nel quale possono accadere tante cose. Tra dieci anni potrebbe già esserci un superministro dell’economia dell’Eurozona, un pezzo di bilancio comune se i governi si decidessero a creare una nuova sovranità più coerentemente e più profondamente condivisa a livello europeo. Non è un caso che, in linea con gli avvenimenti, Mario Draghi oggi abbia salutato con soddisfazione gli accordi di questi giorni, da quello  tra i governi per gestire i fallimenti in modo ordinato su scala europea a quello tra governi e Parlamento per i sistemi di garanzia dei depositi e il ‘bail-in’, in modo da assicurare che sia innanzitutto il settore privato a farsi carico dei costi della ristrutturazione e della liquidazione di una banca. La Bce sara’ meno sola sia come supervisore bancario sia come istituzione monetaria. Ma Draghi ha ricordato anche che tutto questo non basta a mettere in sicurezza l’Eurozona, occorre puntare a un processo di integrazione più accelerato. Si vedra’ se i capi di Stato e di Governo nella riunione del 19-20 saranno all’altezza della sfida.