LETTERA DA BRUXELLES Pressione Bce per massima centralizzazione regole bancarie

Sulla supervisione e sulla 'risoluzione' bancaria, cioe' sulle regole per gestire ristrutturazioni e fallimenti, bisogna "centralizzare" e prima lo si fa e meglio e'. Sulle politiche  di bilancio oggi tale necessita' non e' cosi' "forte". A  esprimere questa tesi e' Benoit Coeure', membro francese del 'board' della Bce. Coeure' e' noto per essere un alto  funzionario pragmatico, difficile incasellarlo tra i falchi o  tra le colombe della politica monetaria europea. E cio' rende piu' interessante le sue valutazioni. Finora, per esempio,  era noto che i vertici Bce, e Mario Draghi in particolare,  ritenessero il salto verso una unificazione piu' stretta delle procedure di coordinamento e in prospettiva una unione  di bilancio dell'Eurozona la strada obbligata per tenere in  piedi la 'bicicletta' dell'unione monetaria. L'idea, pero', si e' persa per strada e la Grande Coalizione tedesca ne ha  raffreddato le attese. La Bce e' chiaramente preoccupata: dalla centralizzazione delle funzioni di vigilanza, coordinamento e decisione sulle crisi bancarie dipende la  stabilita' dell'Eurozona non solo dal punto di vista finanziario ma anche politico. Oggi l'emergenza e' questa. Il resto, forse, arrivera'.
 Il  ragionamento del banchiere centrale francese e' molto chiaro: i contribuenti di ogni paese non vogliono che le decisioni sui bilanci pubblici siano prese a livello europeo, quindi di questo si potra' parlare solo quando non ci saranno rischi di dover pagare per i debiti altrui. La questione bancaria invece e' completamente diversa: procedere per ordine sparso a tutti i livelli della 'governance' bancaria significa protrarre le condizioni dell'instabilita' finanziaria, non spezzare il legame tra crisi delle banche e debito sovrano, non ripristinare la fiducia tra banca e banca, non riattivare il normale meccanismo di finanziamento dell'economia da parte delle banche. Proprio cio' che ci vuole per rafforzare comportamenti deflazionistici. Alla vigilia dell'ultima fase del difficile e complesso negoziato tra i governi sulle regole della risoluzione e delle ristrutturazione delle banche, che al centro ha il 'chi paga' e il 'chi prende le decisioni finali', a Francoforte si teme un compromesso al ribasso. E' naturalmente presto per dire come finira' il negoziato: prima la riunione ristretta dei ministri finanziari a Berlino, poi le riunioni di lunedi' e martedi' a Bruxelles (prima Eurogruppo poi Ecofin), infine il Vertice dei capi di Stato e di Governo il 19-20 dicembre e, chi sa mai, magari un Ecofin straordinario tra Natale e Capodanno dovessero esserci degli ultimi aspetti da chiudere.
  Le divergenze possono essere ricondotte a un paio di argomenti di fondo. Occorre lasciare la porta aperta alla possibilita' di un intervento pubblico europeo nel caso in cui tutti i meccanismi di intervento dei privati (i proprietari e i creditori delle banche) non bastassero? E in questo caso quanto aperta? E ancora: su quante banche viene esercitato il potere "centrale" quando c'e' in ballo l'entrata in gioco dei proprietari-creditori per pagare i costi della ristrutturazione e della 'risoluzione? La posizione tedesca e' quella solita: ognuno pensi alle banche di casa propria (anche e soprattutto nella fase degli stress test nel corso dell'anno prossimo), le banche regionali siano escluse dal regime di risoluzione basato su una rete di autorita' e Fondi nazionali.
  La questione dei 'backstop' comuni, i salvagente finanziari pubblici da usare in caso di fallimento dell'azione per via mercato, resta per diversi paesi (Italia, Francia, Spagna in primo luogo) un elemento cruciale della credibilita' dell'intera architettura costruita per gestire le banche (dalla supervisione della gestione alla liquidazione degli istituti): essendo impossibile un accordo, e' scritto in un documento preparatorio delle riunioni Ecofin, "il lavoro continuera' nel 2014". D'altra parte, era gia' noto che il ruolo dello European Stability Mechanism nelle ricapitalizzazioni dirette delle banche era stato tolto dall'elenco delle cose da chiarire entro fine anno gia' un mese fa.