LETTERA DA BRUXELLES Commissione, gli spread utili per capire le dimensioni del rischio paese

L’andamento degli spread, i famosi differenziali di rendimento tra i titoli nazionali e i titoli tedeschi di riferimento, fornisce indicazioni utili all’economia e ai governi o no? L’interrogativo non è peregrino, basti pensare alle polemiche elettorali dopo Silvio Berlusconi ha giocato la carta dello spread-imbroglione. La Dg Ecfin della Commissione europea, la stessa che prepara le analisi e le decisioni di supervisione dei bilanci e delle politiche economiche dei paesi europei, ha appena pubblicato un’analisi utile a mettere un po’ di ordine nel discorso sugli spread. Quando si parla di rischi e incertezza si aprono sempre mille dubbi e mille distinguo, soprattutto perche’ al contrario della prima la seconda non e’ misurabile per definizione, ma gli economisti di Bruxelles non hanno alcun dubbio su una cosa che considerano basilare: gli ‘spread’ danno informazioni sulla grandezza dei rischi di un paese e sul loro impatto macro-economico. Non usarle sarebbe semplicemente un boomerang.



 Nell’ultimo bollettino trimestrale sull’Eurozona gli economisti della Dg Ecfin ammettono che gli spread sul debito sovrano non costituiscono l’unico misuratore del rischio di un paese. Lo stato di salute del sistema finanziario, per esempio, può essere valutato riferendosi ai costi dell’indebitamento bancario, al ‘ratio’ di capitale e di profittabilità. Nel settore non finanziario gli indicatori di rischio sono legati ai profitti e al ‘leverage’. La volatilità della Borsa riflette il rischio relativo all’andamento complessivo dell’economia. Anche i mercati dei derivati forniscono indicazioni utili, misurando il rischio sovrano, ma qui riappare il fatidico ‘spread’ sui Cds (credit default swaps), che costituiscono una specie di premio assicurativo offrendo protezione contro il fallimento dell’emittente. Piu’ alto è il rischio del titolo di Stato soggiacente, scrivono gli economisti della Dg Ecfin, più alto è lo ’spread’ dato che è sempre più probabile un aumento degli investitori che acquistano l’assicurazione.
  Il vero problema degli ‘spread’ non è se forniscono indicazioni utili o meno, ma sapere con precisione che tipo di rischio e/o incertezza riflettono. Le cose sono piuttosto complicate. Le analisi fin qui fatte a Bruxelles, sulla scorta di una letteratura molto ampia e dell’esperienza di qualche anno dell’indice che misura l’incertezza delle scelte economiche, Economic Policy Uncertainty (Epu Index), anche in versione europea, indicano con certezza che le determinanti degli ‘spread’ sovrani possono servire a “comprendere meglio il forte aumento dei costi di indebitamento degli Stati osservati in diversi Stati Eurozona dal 2010”, ma si e’ scoperto che i recenti cambiamenti nei premi di rischio “non possono essere spiegati interamente dagli indicatori in grado di misurare il rischio”. Sostanzialmente, “l’incertezza non misurabile gioca un ruolo importante e crescente nel determinare il  premio di rischio”. Non solo: le ricerche sulla crisi del debito sovrano in Europa indicano che l’aumento degli ‘spread’ sovrani non può essere spiegato pienamente dai modelli che contengono solo variabili specifiche nazionali misurabili. Misurare l’incertezza macro-economica è un’impresa titanica, se non impossibile per definizione. Per esempio le differenze tra le previsioni economiche e gli errori individuabili ex post possono dare una indicazione dell’incertezza (di solito le sorprese dipendono da variazioni significative nell’andamento della produzione e dell’occupazione). Negli ultimi anni alcuni indicatori di rischio legati alle sorprese nelle scelte politiche e alle notizie economiche e politiche di un paese hanno mostrato come un aumento dell’incertezza riflessa nell’indice Epu della componente notizie è associata a ‘spread’ piu’ alti sul debito sovrano.
  Dall’inizio della crisi è risultato chiaro l’aumento del ruolo del debito pubblico nel determinare l’andamento degli ‘spread’ e che la più forte dipendenza del sistema bancario dai prestiti Bce è associata a ‘spread’ piu’ alti sul debito sovrano nazionale. Gli investitori adesso sono molto più cauti rispetto ad alcuni fondamentali (pil, squilibri dei conti con l’estero, posizione competitiva) e sono sempre piiù sensibili alle condizioni del settore bancario. Tuttavia resta non spiegata “una parte significativa” del rialzo degli spread in alcuni paesi. Di che cosa si tratta? Secondo la Commissione la novità è che gli investitori danno un prezzo a un fattore di rischio comune a diversi paesi “forse relativamente a una potenziale ridenominazione del debito pubblico o all’incertezza della ‘governance’ economica”. Esisterebbe un “fattore di rischio comune alla zona euro o una incertezza politica comune” che ha fatto pagare a singoli paesi un ‘costo’ in termini di oneri di finanziamento del debito e di propagazione della sfiducia. “Negli ultimi due anni – scrivono gli economici della Dg Ecfin – l’alto grado di incertezza sulle politiche economiche ha avuto un impatto negativo sui premi di rischio in alcuni paesi”. Dall’analisi del Bollettino Eurozona e’ chiaro che ci si riferisce sia alla dimensione nazionale dell’incertezza sia alla dimensione europea, della capacita’ cioe’ di avere una ‘guida’ dell’Eurozona. Qual è la distribuzione delle due cause in termini di prezzo forse lo sapremo leggendo il prossimo ‘paper’.