LETTERA DA BRUXELLES Ora si teme una crisi di consenso sociale e politico in Grecia

“State mettendo in piedi un governo ombra in Grecia?”. La domanda è tanto d’obbligo che compare nero su bianco in una memoria per la stampa preparata dalla Commissione europea, che spiega punto per punto quanto si sta facendo per aiutare il paese a risollevarsi dalla drammatica e lunghissima crisi di cui non si vede ancora la fine. L’atmosfera non è davvero rilassata sulla Grecia. Appena dato il via libera al secondo prestito, con l’operazione sul debito con i privati in corso che cancellerà oltre 100 miliardi su 352 miliardi, la  Commissione europea non sa neppure dire se l’obiettivo del ritorno al finanziamento via mercato della Grecia nel 2015 è alla portata o meno. Il responsabile della Commissione che lavora a pieno tempo fianco a fianco con Bce e Fondo monetario nella Troika, Matthias Mors, ha buttato lì questa frase: “Da qui ad allora possono succedere così tante cose…”. La risposta di Bruxelles alla domanda sul ‘governo ombra’ è molto netta: “E’ un non senso, la Task Force per la Grecia non ha poteri esecutivi e non può imporre decisioni legali o finanziarie al governo greco, c’è un sostegno per l’attuazione delle riforme concordate con Commissione, Bce e Fmi e adottate dal Parlamento (greco – ndr). Noi lavoriamo per la Grecia con la Grecia!”. Intanto però, la Commissione fa sapere che per la Task Force, uno staff di 45 esperti di cui 15 in modo permanente ad Atene), c’è lavoro da fare almeno “per i prossimi due anni”. Come dire: senza di noi, laggiù ad Atene si fa poco o nulla.

 



  Dato che la stessa Commissione ritiene che è altamente incerto se effettivamente saranno raggiunti i risultati voluti sul bilancio e sulla crescita dell’economia, è chiaro che ci si attrezza per i 4tempi lunghi nell’universale convincimento che senza un sostegno tecnico, politico oltreché finanziario da sola la Grecia non ce la fa. Praticamente tutto il campo della politica delle entrate e delle uscite, dell’amministrazione pubblica, dei mercati del lavoro e dei prodotti, del business, delle banche è oggetto dell’intervento ‘tecnico’ Ue. In sostanza, si tratta di  “ricostruire” in misura semitotale le funzioni pubbliche, una operazione che sta avvenendo sotto il diretto controllo ‘esterno’ (nel senso che il governo greco deve fare costantemente i conti con le indicazioni e le valutazioni di chi finanzia il salvataggio). Di qui l’estrema sensibilità alla questione politica: né la Commissione né la Bce né il Fondo monetario possono rischiare di veder crescere in Grecia una opinione pubblica allergica alla supervisione europea. Di qui l’invito-ritornello: con le elezioni in vista il problema numero uno è “l’appropriazione politica della responsabilità” dei programmi concordati da parte di chi ha responsabilità di governo. Perché i programmi restano mentre i governi passano. Più ci si avvicina al voto (peraltro non si sa neppure quando ci sarà) più la Commissione ritiene che il rischio principale che sta correndo la Grecia non è tanto quello dei mercati, con tutto l’apparato messo in piedi in questi mesi, ma di non avere sufficiente consenso politico e sociale interno.