Ci salveranno da guai peggiori dei nobili gesti all’insegna della solidarieta’ e della dignita’ nazionale, magari conditi con un po’ di populismo? L’interrogativo e’ d’obbligo visto che sembrano estendersi forme inedite di azione collettiva per frenare la sfiducia. Mentre in Italia ci si appresta a ben due giornate in difesa dei titoli di stato, il Btp-Day promosso dall’Associazione bancaria, in Belgio e’ il momento del “Sottoscrivete!”. Sembra di essere tornati in piena campagna di finanziamento degli sforzi di guerra nel 1915. Diverse sono le campagne, naturalmente. L’Abi ha promosso due giorni di acquisto titoli (il 28 novembre dei bond gia’ in circolazione, il l2 dicembre di nuove emissioni) senza pagamento delle commissioni. In Belgio è il primo ministro Yves Leterme a fare appello alla popolazione a sottoscrivere una serie di emissioni a tassi di interesse del 3,5% e del 4,2% secondo la scadenza. Obiettivo: raccogliere almeno 200 milioni di euro a fronte di una raccolta normale di 70-80 milioni.
Niente di nuovo per quanto concerne l’Italia: con i tassi di interesse sempre in corsa nonostante le attese sulle mosse del governo Monti e l’immediato recupero di credibilità, un po’ di spinta puo’ far bene. Le banche vogliono mostrare di fare la loro parte. In fondo, l’idea dell’imprenditore toscano Giuliano Melani di chiamare venti giorni fa i compatrioti a comprare i btp con un appello a pagamento sul Corriere della Sera ha fatto un po’ di strada, ha creato molta attenzione (lui intanto ci ha messo gia’ 20 mila euro). In Belgio non c’e’ il regalino delle banche (tenendo conto anche del recente salvataggio pubblico di Dexia ci sarebbe ben altro da restituire al contribuente belga), ma solo un appello dai toni estremi di un primo ministro che ma c’e’ l’appello di un premier che da oltre 500 giorni guida un paese in attesa si formi un governo stabile.
I toni estremi sono effettivamente necessari: con i tassi in rapida corsa verso il 6% il Belgio comincia a essere considerato sui mercati un paese sul filo della corda. Alla lunga crisi politica, di cui non si vede ancora l’uscita, si affianca adesso il rischio di diventare il primo paese dell’Eurozona essere sanzionato secondo le nuove regole della disciplina europea. Motivo: continua a non rispettare gli impegni a ridurre il deficit. Il nuovo patto di stabilita’, che stringe le corde del controllo europeo sui bilanci, entra in vigore il 13 dicembre e il commissario agli affari economici Olli Rehn ha gia’ annunciato per il Belgio un intervento deciso e rapido. Se entro l’anno non presentera’ nuove misure per tagliare il deficit che l’anno prossimo sara’ al 4,6% del pil, le sanzioni (in teoria fino a 700 milioni di euro) sono assicurate. Malta e Cipro sono sotto la stessa minaccia, ma hanno gia’ avvertito che prenderanno a breve misure adeguate.
Scatti d’orgoglio, appelli e gesti come quello dell’Abi possono essere utili, anche se ben lontani dall’essere risolutivi. Non dissiperanno le incertezze, semmai dimostrano quanto bisogno ci sia di decisioni politiche forti per l’Eurozona, quanto sia difficile costruire una via di uscita dalla crisi. Alla vigilia della riunione dei ministri finanziari (martedi’ e mercoledi’ prossimo a Bruxelles) e a una settimana dal vertice dei capi di stato e di governo, si scopre che il rafforzamento del Fondo salva-stati e’ ancora in alto mare, aumentano le preoccupazioni sull’impegno portoghese ad avviare riforme radicali, il negoziato tra Atene e le banche sul riscadenzamento procede molto lentamente. Mentre e’ gia’ chiaro che il cantiere della revisione del Trattato europeo per integrare ancora di piu’ le politiche e i controlli sui bilanci nell’Eurozona dara’ risultati solo tra 9-12 mesi.