Il Fondo salva-stati (Esf), quell’organismo con sede a Lussemburgo messo in piedi dai governi Eurozona per raccogliere soldi sul mercato con le garanzie pubbliche e poi prestarli ai paesi al tracollo finanziario (finora Grecia, Irlanda e Portogallo, dovrebbe riuscire a moltiplicare per 4 o 5 volte il valore delle munizioni attualmente disponibili per poter garantire interventi fino a 1000-1200 miliardi. Bene, l’Efsf ha appena deciso di rinviare una emissione di titoli per 3 miliardi di euro a causa dalla estrema volatilità dei mercati finanziari. Il commento di un investitore circolato sui media è tutto un programma: “Questo è un fondo che si suppone abbia una capacità di intervento di mille miliardi di euro e adesso non riesce neppure a rastrellare sul mercato 3 miliardi, questo sì che è davvero preoccupante”. E dire che i 3 miliardi servono all’Irlanda, paese fra i tre sotto programma di salvataggio che sta meno peggio. Figuriamoci che cosa capiterebbe se il prestito dovesse andare alla Grecia.
E’ evidente che la complessa architettura messa in piedi per salvare i tre paesi e in prospettiva difendere l’Italia è sottoposta come tutti gli strumenti e le operazioni finanziarie agli scossoni dei mercati. Non è una garanzia a prescindere solo perché i governi ci hanno messo la firma e le garanzie. Nel caso dell’Efsf, poi, c’è anche un altro problema: l’agenzia di rating Standar&Poor’s non ritiene che le valutazioni del debito sovrano dei paesi Eurozona “azionisti” dell’Efsf possano subire un effetto negativo solo perche’ partecipano a un tale “veicolo” che non si fonda su capitale proprio ma su garanzie. Questa è una buona notizia. La notizia che potrebbe essere molto meno buona è che Standard&Poor’s aggiunge che nel tempo i rating sovrani di alcuni paesi potrebbero peggiorare se l’Efsf ampliasse il suo raggio di attività o se gli stati aumentassero le garanzie (cosa che ora viene esclusa). Insomma, oggi il salvagente funziona, domani chissà. L’incertezza regna sovrana.