Stretta sui credit default swaps e nuove regole per gli hedge funds

Speculazione sui credit default swap, nuove regole per hedge fund e private equity: nella riunione dell'Ecofin martedì 6 ottobre a Bruxelles i ministri dovranno prendere decisioni importanti sulle quali è centrata l'attenzione sia dei mercati chedegli Stati Uniti, sempre più preoccupati che la Ue assuma un ruolo guida nella definizione delle riforme della finanza globale. La prima decisione riguarda la risposta allalettera che Nicolas Sarkozy, Jean Claude Juncker, Angela Merkel e Georgios Papandreou hanno inviato al premier spagnolo José Zapatero (presidente Ue) e al presidente della Commissione José Barroso. La richiesta è mettere sotto tiro le speculazioni sui Cds collegati al debito sovrano. Va aperta in primo luogo un'inchiesta specifica (la Commissione ha già cominciato a lavorarci). Anche se l'evidenza di abusi di mercato è ancora da dimostrare (per esempio l'Autorità tedesca dei mercati finanziari ha concluso che il peso della speculazione sui cds legati al debito sovrano greco senza acquisto dei titoli sottostanti è stato molto limitato), i quattro capi di governo hanno già tracciato il cammino. Nella lettera vengono evocate con precisione misure come "l'introduzione di un periodo minimo di detenzione dei credit default swap, la proibizione del trading speculativo così come dell'acquisto di cds non usati a scopo di copertura" del rischio.

  La pressione dei quattro governi è fortissima. La partita è guidata da Francia e Germania cui Juncker offre la sponda dell'Eurogruppo, mentre la Grecia si aggrega per ovvie ragioni legate alla crisi che sta attraversando. Alcuni osservatori sia a Bruxelles che di mercato hanno anche insinuato che l'accelerazione degli ultimi giorni sui Cds è proporzionale all'avarizia di informazioni sulle modalità dell'aiuto alla Grecia (la questione principale all'ordine del giorno della riunione dell'Eurogruppo lunedì pomeriggio e sera). Come dire: si cerca in qualche modo di sviare l'attenzione sulle misure che a breve sono necessarie per puntellare le emissioni sovrane di Atene ed evitare il rischio di default finanziario. Sta di fatto che nella lettera, il 'quartetto' chiede che siano "intensificate" le iniziative europee per aumentare la trasparenza nei mercati dei derivati. Questi i principi, che sono poi quelli del G20: i supervisori devono avere accesso alle informazioni sul portafoglio e sulle  negoziazioni dei prodotti derivati, cds inclusi, attraverso la registrazione obbligatoria di tutti i derivati presso una base centrale di dati Ue. "Ciò permetterà ai regolatori di identificare i principali attori del mercato e sorvegliarli". Le Autorità "dovranno avere un diritto di accesso illimitato ai dati di mercato" e dovranno pure ricevere informazioni dettagliate "pertinenti" dalle 'centrali-dati' fuori Europa. Inoltre, "tutti i prodotti derivati devono essere negoziati su mercati regolamentati o su piattaforme elettroniche e regolati da camere di compensazione centrali europee". Queste dovranno avere sede nell'Eurozona. Chiara l'indicazione politica al G20 (e in particolare agli Stati Uniti): "L'Europa deve assumere la leadership su questi temi".
  La stretta su regole e supervisione di hedge fund e private equity è invece allo stadio finale: l'Ecofin dovrà dare il via libera preliminare a un testo legislativo che poi sarà oggetto di negoziato con l'Europarlamento. Obiettivo: chiudere entro l'estate. Il 90% delle questioni è stato risolto, ma resta uno scoglio (e che scoglio): le regole cui devono sottostare i gestori (europei o no) di hedge fund o di altri fondi alternativi che non sono stabiliti nella Ue ma oltre Atlantico o nelle piazze offshore. Qui ci sono forti interessi della City londinese (che ospita tre quarti del settore europeo) e di Wall Street. Finora gli ambasciatori dei 27 non sono riusciti a superare le resistenze britanniche e di qualche altro paese. Il contrasto verte sulle condizioni per ottenere il cosiddetto "passaporto Ue", per potere cioè vendere i prodotti in tutta la Ue, e sulla necessità di garantire accordi in linea con gli standard internazionali tra l'autorità del paese dove è stabilito il manager e quella del paese terzo in cui è stabilito il fondo "per assicurare – dice il testo presentato dalla presidenza spagnola – un efficace scambio di informazioni". Ciò rimanda alle informazioni che le autorità Ue devono avere costantemente in particolare dai gestori non europei per fronteggiare il rischio sistemico.
  E' possibile che le resistenze britanniche si stemperino anche perchè si vorrebbe dare un mandato alla presidenza spagnola per cominciare il negoziato con il Parlamento europeo: il testo potrà essere "chiuso" man mano che si procede nel confronto tra le due istituzioni. Sta di fatto che nelle ultime ore c'è stato un crescendo di tensione cui si è aggiunta la lettera del segretario al tesoro Usa Tim Geithner al commissario francese Michel Barnier,  responsabile del Mercato interno. In sostanza Geithner vede nella regolazione europea elementi di discriminazione perchè' renderebbe difficile l'accesso dei fondi alternativi non Ue al mercato europeo; teme che siano privilegiate le banche europee in relazione alle attività di custodia e deposito. Per questo chiede che Bruxelles e Washington lavorino di comune accordo. La Commissione europea ha reagito rimandando al mittente l'accusa di protezionismo e ricordando che "la proposta sul tavolo isponde alla decisione del G20 di regolare i fondi che operano con effetto leva rafforzando la trasparenza delle transazioni e chiarendo la responsabilità dei gestori". Il negoziatore dell'Europarlamento Jean-Paul Gauzes, conservatore francese, ha sintetizzato così la posizione europea: "Né fortezza né colabrodo".