E’ quasi un pasticcio per ora il tandem Van Rompuy-Zapatero. Chi pensava che con un presidente permanente (il belga Van Rompuy) l’Unione europea avesse risolto almeno metà dei suoi problemi si è sbagliato. Dalle prime mosse una cosa si è capita molto bene: la presidenza di turno, retta in questo semestre dalla Spagna, non solo resta al centro degli affari europei, ma non intende cedere nemmeno un millimetro del proprio spazio di manovra. Più che la paralisi, la Ue rischia una serie di accavallamenti, di inseguimenti, di tentativi di soffiare all’altro un’idea, un dossier, magari anche un contatto con qualcuno dei ‘grandi’ del G7 o del G20. Con la probabilità di accumulare figuracce che si possono immaginare. Van Rompuy ha imposto un vertice straordinario dei capi di stato e di governo a febbraio per rinfrescare la fallita strategia di Lisbona (come migliorare la prestazione dell’economia). Di Lisbona 2 ora parlano tutti, ma di concreto c’è poco o nulla. Zapatero ha rilanciato l’idea di un coordinamento economico con uno stretto controllo dell’attività dei governi evocando qualcosa di simile alle sanzioni in caso di mancato rispetto degli impegni. Purtroppo si è smentito dopo il secco no tedesco. Bella figuraccia, appunto. In politica estera, mentre la baronessa Ashton si rivela sempre più discreta (e modestamente preparata su parecchi argomenti come ha dimostrato l’audizione all’Europarlamento), il ministro degli esteri spagnolo Moratinos parla a tutto spiano e si è perfino autoinvitato a una riunione Ue sul Medio Oriente. Va bene il rodaggio, ma la Ue ha bisogno di tutto tranne che di ‘primi attori’ che si fanno concorrenza.
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