Strada tutta in salita per il governo economico europeo

E' tutta in salita la strada verso un effettivo governo economico europeo. La decisione del premier spagnolo Zapatero di mettere al centro della discussione la responsabilità del coordinamento delle politiche economiche a livello europeo o, almeno, dell'Eurogruppo, attribuendo addirittura alla Commissione nuovi poteri per rendere gli obiettivi programmati vincolanti, ha già sollevato riserve e perplessità. La prima a sollevarle è stata la Germania che, attraverso un portavoce governativo, ha risposto piuttosto seccamente: buone le idee di fondo della presidenza di turno dell'Unione europea sulla necessità di rafforzare la crescita per generare maggiori entrate fiscali e per questa via ridurre l'indebitamento pubblico, ben vengano nuove proposte, ma ciò non implica che "tutte vengano attuate alla lettera". Ci si aspettano altre prese di distanza. Se il discorso andasse oltre l'Eurozona, lo sbarramento arriverebbe in primo luogo da Londra: con le elezioni alle porte e la probabile vittoria dei conservatori ci sarà ancora meno spazio per strappi alla sovranità nazionale.

Zapatero, forte dell’opinione favorevole della Francia, non ha 'sparato' a caso nel mucchio e non ha solo l'obiettivo di non farsi oscurare come leader europeo nel momento in cui la Ue ha un presidente fisso che ha messo proprio l'economia al primo posto dell'agenda politica. La prima mossa di Van Rompuy, infatti, è stata quella di convocare un subito un vertice straordinario dei capi di stato e di governo in febbraio dedicato alla riforma della fallita strategia di Lisbona per migliorare la competitività europea. Consigliato dal commissario Almunia (il più convinto assertore della necessità di una guida europea dell'economia, che nei prossimi cinque anni guiderà l'Antitrust Ue attestandosi nel ruolo più forte nel collegio), il premier spagnolo deve soprattutto uscire dall'angolo in cui si è cacciata la Spagna, fino a ieri ritenuta un modello economico da imitare e oggi nella polvere, travolta dalla crisi finanziaria, immobiliare ed economica. Inoltre, entrata per il rotto della cuffia nelle riunioni del G20, la Spagna sa di non poter contare come gli altri paesi che del G20 fanno parte a pieno titolo cosicché la 'via europea' è la sola a disposizione a patto che ci sia un disegno politico e non ci si limiti all'ordinaria amministrazione.
A Madrid sono state esplorate diverse piste: per esempio i paesi virtuosi che rispettano determinati obiettivi (dalla ricerca e sviluppo all'innovazione eco-industriale all'aumento del tasso di occupazione) potrebbero beneficiare di maggiori sovvenzioni europee in certi settori mentre chi non marcia nella stessa direzione potrebbe invece essere penalizzato. Del governo economico "preventivo", almeno a livello dell'Eurogruppo (che dovrà attrezzarsi in modo permanente nella formula dei capi di stato e di governo), sarà ovviamente centrale la finanza pubblica, ma i governi non potranno più limitarsi a indicare genericamente gli obiettivi numerici e dovranno sottoporsi a Bruxelles a un confronto sulle scelte qualitative. Quantomeno va evitato che decisione di bilancio vadano contro le strategie europee condivise.
La nuova Commissione europea si muoverà su una linea analoga. Nelle risposte ai quesiti scritti  dell'Europarlamento il futuro responsabile degli affari economici Olli Rehn, finlandese, ha annunciato che tra le sue priorità c'è una proposta per definire un sistema di coordinamento rafforzato "fondato su una sorveglianza più ampia e più profonda per gli stati dell'Eurozona". Il Trattato ne offre tutti gli appigli legali, là dove nell'articolo 136 indica che "per contribuire al buon funzionamento dell'unione economica e monetaria" il Consiglio può "rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio, elaborare gli orientamenti di politica economica vigilando affinché siano compatibili con quelli adottati per l'insieme dell'Unione e garantirne la sorveglianza". A Bruxelles l'idea che l'unione monetaria non possa reggere a lungo senza un coordinamento delle politiche fiscali (di imposizione sui redditi) comincia a fare qui e là capolino (ne ha parlato esplicitamente Mario Monti che sta preparando un rapporto sul funzionamento del mercato unico commissionatogli da Josè Barroso). Quella fiscale è  materia sensibilissima, che resta di esclusiva e gelosissima competenza degli stati.
Tutto questo è facile a dirsi, quasi impossibile a farsi quando il vento spinge nella direzione opposta. Anche in Germania (il governo italiano non si è mai espresso su tali argomenti). Eppure il caso Grecia dovrebbe consigliare una riflessione politica seria ad altissimo livello dal momento che la crisi ha evidenziato una drammatica fragilità dell'Eurozona: non è possibile forzare un paese a tenere i conti pubblici a posto, ma un paese con finanze pubbliche fuori controllo (o truccate come nel caso greco) può mettere a rischio l'euro.