La Commissione è sempre stata fredda sulla gara al taglio delle imposte

La Commissione europea, responsabile della sorveglianza dei bilanci pubblici, fa quello che può per assicurare che i paesi europei preparino le "exit strategy" e comincino a consolidare i bilanci pubblici dal 2011. In teoria entro fine anno dovrebbe rivedere i tempi per ridurre i deficit in diversi paesi (tra cui Francia, Spagna, Irlanda) visto che quelle fissate otto mesi fa non reggono più. Nelle prossime settimane la pressione per temporeggiare sulle scadenze si preannuncia fortissima. Quanto alle singole misure di bilancio, la linea comunitaria è che il mix taglio spese/aumento o riduzione delle imposte dipende dalle caratteristiche di ogni paese e ogni paese è sovrano. Ciò che conta per Bruxelles sono le grandezze, i livelli di deficit e debito nel quadro di un'azione sostenibile nel medio-lungo periodo. Il rifiuto di commentare la possibile riduzione in Italia dell'Irap in mancanza di atti politici compiuti rientra così nella prassi anche perché le questioni fiscali sono di piena competenza nazionale. E' un fatto però che la corsa alla riduzione delle imposte finora non è stata proprio ben vista a Bruxelles.

 In un documento riservato preparato per l'Ecofin di settembre, la Dg affari economici scriveva che nell'Eurozona "l'aggiustamento richiederà una ragguardevole riduzione permanente nella spesa pubblica" aggiungendo: "La pura e semplice dimensione del consolidamento necessario rende virtualmente impossibile raggiungerlo solo attraverso una sostenibile riduzione delle spese". Di qui un consiglio: "Il consolidamento dei bilanci attraverso l'aumento delle entrate non deve avere effetti distorsivi sulla partecipazione al lavoro e sugli investimenti di capitale, ma essere collegato ad altri obiettivi come le eco-tasse". Ed ecco la terza indicazione: "Ogni entrata inattesa dovrebbe essere usata per la riduzione del deficit e del debito". Su questo l'Ecofin non si è pronunciato e si sa che sono i ministri dell'economia ad avere l'ultima parola.
  E' in ogni caso chiaro che, a meno di un rallentamento della ripresa, la riduzione dei deficit pubblici comincerà nel 2011. Per alcuni paesi, per la verità comincerà prima o è già cominciata (è il caso di Spagna, Irlanda, Lettonia, Grecia), ma per la gran parte degli altri se ne parlerà tra un anno e qualche mese. L'impegno è definire subito 'exit strategy' da realizzare in futuro, ma non c'è una gran gara ad arrivare primi (eccetto quei pochi che non ne possono fare a meno altrimenti sarebbero penalizzati dai mercati). Basta citare l'esempio francese: appena firmato il comunicato dell'Ecofin a Lussemburgo che indicava espressamente la data del 2011, la responsabile delle finanze Christine Lagarde ne ha quasi preso le distanze ricordando che c'è di mezzo un grande 'se': se la crescita sarà stabile allora si procederà alla riduzione dei deficit pubblici. Comunque "è troppo presto per parlarne a novembre".
 Il 2011 è una data sufficientemente lontana, ma le decisioni andranno prese subito dopo la prossima estate. Attualmente il quadro europeo è variegato, i governi procedono in ordine largamente sparso, tutti in corsa a sostenere l'economia per accompagnare la ripresa visto che la crescita nel 2010 si annuncia modesta e lenta. Ci sono paesi come l'Olanda che agiranno su età pensionabile e tagliando la spesa pubblica. Spagna e Irlanda (con un indebitamento alle stelle) aumenteranno le imposte (dirette e soprattutto indirette in Spagna, quelle per le famiglie ma non quelle sulle imprese in Irlanda). La Francia non ha nessuna fretta (nel 2012 si voterà per le presidenziali): malgrado nel 2010 si preveda un aumento delle entrate (+15,5%) e della spesa pubblica (+1,2%) il deficit/pil arriverà all'8,5% dall'8,2% stimato quest'anno. Inoltre si profila un grande prestito nazionale per migliorare la competitività. Mentre si caricano le banche per finanziare il fondo di garanzia dei depositi (allo scopo di evitare una tassa sui profitti del 10% sui risultati 2009), la riforma della 'tassa professionale' pagata dalle imprese che rappresenta metà delle risorse fiscali delle collettività territoriali allevierà le imprese (complessivamente l'intervento francese vale per le imprese 6,5 miliardi di euro). L'Italia, stando alle dichiarazioni del premier, si sta mettendo sulla stessa linea della "taxe professionnelle", solo che l'Irap valeva 38 miliardi nel 2008.
 Per l'anno di bilancio 2010-2011 Londra prevede di iniettare nell'economia 33 miliardi di euro, ma già prevede dal primo gennaio un rialzo dell'Iva dal 15 al 17% e dell'aliquota massima dell'imposta sui redditi dal 40 al 50% dal primo aprile. Il consolidamento del deficit comincerà nel 2011. La Germania vuole avere la leadership dei paesi più ortodossi sostenendo la 'linea del 2011'. Adesso secondo la costituzione dal 2016 lo stato non potrà indebitarsi ogni anno per più dello 0,35% del pil (deficit strutturale). Il problema è che conservatori e liberali (oggi coalizzati) devono (e vogliono) rispettare l'impegno elettorale di ridurre le imposte. Già hanno dovuto scalare al ribasso le cifre iniziali e ora è emersa l'idea di costituire un fondo di stabilizzazione sociale gestito in parallelo dallo stato federale (servirebbe a finanziare l'agenzia per l'impiego e le casse di assicurazione e malattia, valore 60 miliardi di euro). Il problema è che non sarebbe costituzionale perché in Germania i fondi speciali sono legittimi solo in circostanze eccezionali. La nuova coalizione è stata accusata di voler creare un bilancio parallelo.
 Si gira intorno allo stesso dilemma: sarebbe meglio agire sulla spesa, ma nel corso della crisi non ci sono grandi margini; si dovrebbero ridurre le imposte per alleviare imprese e famiglie, ma i tagli devono essere finanziati dato che i deficit non torneranno ai livelli pre-crisi automaticamente vista la bassa crescita prevista.