Avrebbe dovuto essere il manuale perfetto per una economia perfetta ovvero l’economia più competitiva del mondo. Strategia di Lisbona, tanto citata, decantata, studiata, ma anche tanto tradita. Gli esempi classici degli obiettivi definiti nel 2000 (lontanissimo ieri) e da raggiungere entro il 2010 (ci siamo) sono piuttosto noti. Si diceva: tasso di occupazione al 70% e siamo al 65,5%. Si diceva: spese in ricerca e sviluppo pari al 3% del pil, siamo ben al di sotto, a quota 1,84% principalmente a causa della stagnazione degli investimenti nei quattro paesi più grandi, Germania, Regno Unito, Francia e Italia. Ma in Germania e Regno Unito ci sono indici di innovazione comparabili con quelli di Usa e Giappone, in Francia in parte, in Italia no. Quanto al capitale umano, risorsa principale per una economia che voglia essere competitiva, fra il 2005 e il 2007 la spesa pubblica europea è calata invece che aumentare. Mai il tema dell’educazione, della preparazione professionale degli europei è diventato in questi anni una priorità delle politiche economiche. Erano tempi buoni per l’economia, che lo si faccia adesso ci credono in pochi.
Con la recessione e la disoccupazione in salita oltre il 10% non c’è spazio per frettolose rincorse. Arrivati freschi freschi alla presidenza di turno dell’Unione europea, gli svedesi hanno già concluso seccamente che la strategia di Lisbona è fallita. Punto. Ci vuole un colpo d’ala. Josè Barroso ha già impostato il lavoro per la revisione della strategia di Lisbona così avremo un Barroso 2 per una Lisbona 2 con la differenza che dopo un decennio il mondo non è più lo stesso: nel 2000 la Ue aveva solo 15 membri, l’economia americana era la più forte del mondo, si pensava che la finanza potesse moltiplicare il benessere e si teorizzava pure la fine del ciclo del business, il clima non era una priorità. Barroso, invece, non è cambiato e i 27 governi gli hanno confermato la fiducia per un secondo mandato senza alcuna discussione seria sulle politiche europee. Di solito i ‘sequel’ (i seguiti) non raggiungono il successo del primo film, quantomeno mancano della capacità di sedurre necessaria per sfondare. In questo caso, già nel 2005 i governi europei erano arrivati alla conclusione che il primo lustro della strategia di Lisbona non aveva funzionato bene, aria di fallimento annunciato.
Dopo l’estate la Commissione europea pubblicherà un documento di analisi per ‘Lisbona 2’, ci sarà una consultazione via internet. Entro fine anno tirerà le fila e presenterà proposte formali che fra marzo e giugno 2010 saranno discusse e si spera dettagliate dai capi di stato e di governo, obiettivi generali e specifici, raccomandazioni paese per paese. Di che cosa si tratta è ancora presto per dirlo. Si sa che non cambiano le quattro priorità: investire nelle persone; sbloccare il potenziale per l’impresa in particolare per le piccole e medie; ricerca e innovazione; economia verde coerente con gli impegni per contrastare il cambiamento climatico. Si sa che sarà data meno enfasi agli obiettivi generali finali: l’idea di singoli indicatori per l’intera Ue viene ora considerata balzana e vanno per la maggiore gli indicatori paese per paese, con obiettivi più realistici da perseguire. Si sa che non sarà trasferita alcuna competenza a Bruxelles per vincolare in qualche modo i governi al rispetto degli impegni assunti poiché si tratta di materie sulle quali la competenza nazionale è totale. Non sarà rafforzato, dunque, il governo europeo delle politiche economiche. Si sa che girano diverse idee anche contro corrente, come quella di escludere tutte le spese per Lisbona 2 dal calcolo dei deficit pubblici. E’ una ipotesi che difficilmente avrà seguito.
Recentemente un alto funzionario comunitario coinvolto nell’operazione ‘Lisbona 2’ ha dichiarato che non bisogna attendersi cambiamenti radicali nella sostanza della strategia: "Il problema fondamentale è la volontà politica dei governi, il ritmo del processo avviato, poi c’è un problema di marchio, abbiamo bisogno di nuova narrativa perché la strategia di Lisbona è un buon prodotto, la sua visibilità confusa". Tanto per dire qual è l’aria che tira a Bruxelles: tante sono state le delusioni che è meglio disilludersi subito riducendo l’aspettativa. Chiaro che se ci si limiterà al marketing ‘Lisbona 2’ sarà l’ennesimo orpello comunitario.