La ripresa dalla recessione sarà lenta. La crisi comporterà conseguenze negative che potrebbero durare molto più della recessione. Possiamo considerare queste due affermazioni un tipico esempio di catastrofismo (psicologico), ma faremmo bene a prenderle sul serio viste chi le ha fornite. La prima è la conclusione del rapporto annuale della Banca dei Regolamenti internazionali, la seconda è della Commissione europea. Quest’ultima ha stimato la crescita potenziale dell’economia nell’eurozona, cioè il livello massimo di crescita del pil che può essere raggiunto stabilmente senza dar luogo a pressioni inflazionistiche: tra il 2000 e il 2006 è stata dell’1,8%, nel 2007 è scesa a all’1,6%, nel 2008 all’1,3%, nel 2009 e nel 2010 allo 0,7%. Secondo Bruxelles il rischio di una riduzione permanente non deve essere preso sottogamba. Il cambiamento della propensione al rischio di investimento può infatti avere effetti "duraturi" sulla spesa in ricerca e sviluppo e nell’attività innovativa. E’ già accaduto negli anni ’90 e anche in Italia: prima della recessione all’inizio del decennio il pil potenziale in Italia era del 2,4%, dopo dell’1,4%.
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