50 milioni è il numero della perdita di forzalavoro europea nei prossimi 50 anni secondo Eurostat. Da tempo la Commissione europea ha lanciato l’allarme su questo fenomeno: la popolazione in grado di lavorare comincerà a ridursi dal 2013, quasi domani. Ciò non significa che avremo bisogno di 50 milioni di immigrati, ma è certo che non tutto lo stock di popolazione perduto potrà essere rimpiazzato da europei. In parte perché il tasso di fertilità è basso, in parte perchè nel frattempo aumenterà il numero di lavoratori anziani da pensionare. Fino al 2025-2026 aumenteranno sempre più velocemente i 60enni e i 70enni ma i 20-59enni diminuiranno dal 2013-2014 (due milioni in meno previsti nel 2020). Da tempo Bruxelles ritiene inevitabile un rincalzo di immigrati. Manpower, la centrale privata mondiale di ricerca lavoro, ritiene che senza una immigrazione “selezionata” (giovani professionalizzati) il business europeo perderà punti nel mercato globale.
Entro il 2015 la Ue deve trovare fra 383mila e 700 mila adetti nel settore delle tecnologie informatiche, entro il 2020 di oltre due milioni di addetti nei servizi della salute. Costruzioni, ristoranti, alberghi, agricoltura e meccanica sono i settori privilegiati degli immigrati regolari (e spesso anche non regolarizzati). Pur tenendo conto che la priorità europea è ridurre la disoccupazione (propria) il bisogno di manodopera è tale che, concludono i commissari europei Cecilia Malstrom e Laszlo Andor, “è altamente improbabile che tali risorse possano essere trovate nella Ue”. L’immigrazione, dunque, è da considerare una risorsa . D’altra parte, non sarà il propagandato aumento dell’età pensionabile a fare la differenza. Sarà bene tenerne conto nel momento in cui si chiedono nuove politiche europee.