Attenzione al calendario, bussola di orientamento nelle prossime settimane che per l’Eurozona saranno cruciali. Lunedì il presidente della Commissione vola a Berlino per incontrare la cancelliera tedesca Angela Merkel. Incontro fondamentale: l’ennesimo no tedesco all’idea di una ‘unione bancaria’, richiesta a gran voce o sognata da una serie crescente di governi (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Belgio), che si aggiunge alla lunga serie di no a interventi radicali e di calibro europeo per superare la crisi finanziaria, dimostra che le divergenze sulle piste da seguire e sulle urgenze da trattare sono molte. Sempre lunedì a Bruxelles il responsabile degli affari economici Olli Rehn discute con il neoministro delle finanze francesi Pierre Moscovici e poi con il premier finlandese Jyrki Katainen, campione del rigoroso ‘fronte del Nord’. Francia e Finlandia stanno su due pianeti opposti: la Francia rappresenta in questa fase la punta di lancia per una revisione dell’asse della politica europea anti-crisi. Hollande sta manovrando di concerto con Mario Monti, ma è l’attivismo europeo del premier italiano ad aver guadagnato per il momento l’attenzione pubblica. Per la Finlandia basta dire che è più tedesca dei tedeschi su tutto.
Moscovici incontra anche il responsabile del mercato interno Michel Barnier. Barnier è francese, ma non c’è solo una questione di cortesia patriottico-europea: Barnier sta ultimando la proposta per la creazione di un sistema europeo di ‘risoluzione’ delle banche (per poter gestire i fallimenti) e dovrebbe avanzare una proposta per un sistema europeo di garanzia dei depositi più coraggiosa e radicale di quella timida e quasi impolverata lanciata nel luglio 2010. La Francia è di fronte a un dilemma: deve decidere rapidamente se intende procedere verso una integrazione effettiva delle scelte di vigilanza bancaria e delle politiche di bilancio ed economiche, oppure intende stare in mezzo al guado del coordinamento delle politiche nazionali più o meno stringente. Non c’è più spazio per l’ambiguità.
Martedì di scena di nuovo Barroso: a Bruxelles arrivano prima Volker Kaudr, presidente della Cdu, il partito di Angela Merkel, poi Frank-Walter Steinmeier, il presidente della Spd, principale partito di opposizione in Germania. L’incontro con i due leader politici è molto importante: se la linea ufficiale è il no tedesco a misure radicali di gestione della crisi del debito sovrano, tra i parlamentari e in ambiti non pubblici la discussione è più ampia e articolata di quanto si pensi. In fondo sono stati i ‘cinque saggi’ – consiglieri economici della cancelleria – a proporre a novembre la creazione di un fondo per raccogliere la parte di debito pubblico che eccede il 60% del pil. L’idea è finanziare parzialmente il debito dei paesi attraverso un fondo garantito collettivamente dagli stati Eurozona con scadenze di ripagamento fisse e sotto strette condizioni. Obiettivo: portare il debito al limite del 60% entro 20-25 anni. Di fatto sarebbe superato il muro della mutualizzazione, cioè del trasferimento a una entità collettiva europea della responsabilità di garantire una parte del debito pubblico degli stati.Riprendiamo il calendario: mercoledì e giovedì Rehn e Barnier incontrano a Copenhagen i banchieri internazionali dell’Institute of International Finance, quegli stessi con cui la Ue ha negoziato la ristrutturazione ‘dolce’ del debito greco. E’ l’assemblea annuale dell’associazione che rappresenta i maggiori istituti finanziari internazionali. Partecipano i numeri 1 delle agenzie di rating, ministri delle finanze, regolatori. Il 10-11 i ministri finanziari europei sono a Lussemburgo per definire la traccia delle decisioni che dovranno essere prese dai capi di stato e di governo a fine mese: per ora di abbastanza certo c’è il via libera alla ricapitalizzazione della Bei e ai ‘project bond’, un accordo politico almeno di principio su regole europee per la garanzia dei depositi bancari. Il resto, dalla maggiore centralizzazione della vigilanza bancaria nell’Eurozona, al sistema di ‘risoluzione’, alla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del Fondo anti-crisi, agli Eurobond, è tutto in aria. Il 22 ci sarà l’incontro a Roma fra Monti, Merkel, Hollande e Rajoy. C’è da essere certi che le scadenze di questo calendario saranno un punto di riferimento per i mercati. Il problema è che a questo calendario manca sicuramente una data: il 17 giugno, giorno in cui si voterà in Grecia per la seconda volta, è una data che potrebbe cambiare praticamente tutto. Il partito della sinistra radicale Syriza, al testa a testa nei sondaggi con Nuova Democrazia di centro-destra e con una tendenza a superarla, ha annunciato che in caso di vittoria annullerà il piano di salvataggio. Senza contare che ogni giorno è buono per un avvitamento della crisi bancaria spagnola. Anche i calendari restano appesi alla politica.