Ripresa lenta, debole. Fuori dalla recessione, ma lontani da un percorso di crescita rassicurante, appena sopra l’1% nel 2014, decisamente sotto il 2% nel 2015. Con tanti, troppi disoccupati ancora per un paio d’anni. Con tanti rischi sia interni che esterni (arrivano dagli Usa e dal rallentamento delle economie emergenti). E’ questo il quadro che emerge dalle nuove stime della Commissione europea. Non c’e’ uno scenario di deflazione e questa è una conferma rassicurante. Tuttavia l’incertezza sulle mosse future dell’Eurozona e la lunga restrizione del credito, di cui non si vede ancora la fine, rafforzano comportamenti ‘deflazionistici’ con il rinvio di decisioni di consumo e investimento. L’Italia trova sostanzialmente confermati gli scenari che sorreggono le scelte di bilancio, a patto che tutte le misure decise siano “pienamente attuate”, siano “coperte” in modo credibile. Un auspicio che suona piu’ come un avvertimento in attesa del passaggio parlamentare della finanziaria. La partita sullo ‘sconto’ per gli investimenti in progetti Ue co-finanziati, comunque’, e’ ancora aperta.
Tra i rischi esterni la Commissione europea indica l’incertezza sulla gestione dell’indebitamento pubblico americano e per gli effetti sui mercati delle mosse di politica monetaria della Fed (piu’ volatilita’), il rallentamento delle economie emergenti, che indebolisce un pilastro della domanda mondiale. Tra i rischi interni la Commissione mette tutto: rischi politici, economici e finanziari. Innanzitutto slittamenti nell’attuazione delle riforme strutturali e nel consolidamento dei bilanci, dovuti alla ‘fatica’ dell’austerita’. C’e’ la consapevolezza che la ripresa e’ talmente stentata da non modificare le condizioni di occupazione e di reddito delle classi medie. Poi la stretta del credito e la situazione delle banche, con l’aumento delle sofferenze piu’ rapido del previsto: fattori che potranno essere superati solo fra un anno, cioe’ dopo la ‘bonifica’ dei bilanci sotto supervisione Bce. Poi c’e’ il cambio dell’euro, che ha pesato sull’andamento della produzione quest’anno e pesera’ anche l’anno prossimo.
Dall’altra parte della medaglia ci sono fattori positivi importantissimi e fra questi uno e’ piu’ importante di altri: non ci si interroga piu’ sul futuro dell’unione monetaria. Anzi, “i mercati finanziari – dice la Commissione – sembrano meno sensibili a eventi politici nei paesi vulnerabili avvalorando l’ipotesi che gli strumenti europei per gestire la crisi si dimostrano efficaci”. In ogni caso, nonostante l’uscita dalla recessione sono piu’ i rischi di un peggioramento – rispetto alle previsioni – che non l’opposto. La Commissione insiste nella difesa delle strategie perseguite: l’economia e’ a una svolta perche’ sono state fatte le riforme giuste e sono stati ridotti i deficit. Nelle previsioni non si sa che ruolo giocano i tanti e spezzettati ‘pacchetti’ di sostegno alla crescita messi in cantiere a livello europeo: di qui il sospetto che siano per ora ininfluenti. La spinta alla crescita non puo’ arrivare da li’.
Un tale quadro esclude toni trionfalistici ma anche eccessivamente pessimisti. Le previsioni riflettono chiaramente il fatto che l’Eurozona non e’ in grado di rafforzare la domanda globale. Forse i richiami (ultimamente anche da parte americana) a una maggiore responsabilita’ della Germania in questo senso produrranno qualcosa: e’ gia’ una assoluta novita’ che la prossima settimana sia all’ordine del giorno la possibilita’ di metterla sotto osservazione per l’accumulo eccessivo di surplus di parte corrente, noto fattore di squilibrio nell’area europea. Il commissario Rehn e’ sembrato favorevole, ma il peso politico della Germania, tanto piu’ oggi alle prese con il programma della grande coalizione, e’ enorme e la discussione ai vertici comunitari e’ tutta in salita.
Quanto all’Italia in realta’ non c’e’ molto di nuovo e questo per il governo e’ una cosa molto positiva: le stime macro-economiche non sono in contraddizione con quelle del governo. La questione dell’Italia riguarda il rispetto di quanto previsto, il rischio che il parlamento decida dei cambiamenti che mettano in discussione i saldi finali. Per la Commissione la linea rossa è non sforare il 3% e avere nel 2015 un pareggio di bilancio in termini strutturali (oggi e’ previsto un deficit di 0,9%) in modo da poter rispettare la regola della riduzione del debito dal 2015 con soli interventi di “manutenzione” del bilancio. Sui margini per beneficiare della clausola degli investimenti, che permette di ‘scontare’ la spesa per progetti infrastrutturali di importanza europea dal calcolo del deficit ai soli fini della valutazione del percorso di avvicinamento al pareggio (il deficit/pil nominale comunque non puo’ superare il 3%), la Commissione decidera’ la prossima settimana quando rendera’ note le valutazioni complessive sulla finanziaria 2014. L’Italia vuole usare tutto lo spazio a disposizione sotto il 3% nominale nel 2014, la Commissione non vuole che si corra alcun rischio.