Il disastro è stato evitato. Il rischio Grexit è stato messo nel cassetto e la Bce ha gli argomenti per tenere aperto il rubinetto per le banche elleniche. Ora la palla torna in campo ateniese: Tsipras ha due giorni e mezzo di tempo per dimostrare di rappresentare una Grecia affidabile che fa seguire gli atti alle parole. Atti legislativi. Che possa perdere la sua attuale maggioranza ed essere costretto ad allargarla è un fatto che riguarda lui solo (e la Grecia), ma alla riuscita dell’operazione nelle prossime ore è legato il destino del paese (oltrechè il suo personale).
Le condizioni previste dall’accordo dell’Eurosummit sono molto dure: praticamente Tsipras accetta la sostanza delle posizioni dei creditori con qualche marginale correzione. Grazie a un negoziato da psicodramma tra i grandi e piccoli azionisti dell’unione monetaria, con il fronte tedesco e del Nord che per la prima volta impone sul tavolo l’opzione di uscita temporanea della Grecia dalla zona euro, il leader greco ottiene un intervento per alleggerire il debito dal quale spera di avere in termini finanziari molto più di quanto si pensa. Ma ha dovuto cedere non solo su molti aspetti del programma economico (Iva, pensioni, liberalizzazioni dei mercati, privatizzazioni), ma su aspetti importanti della sovranità nazionale: di fatto, si torna ai tempi della Troika, del controllo preventivo su ogni atto, delle verifiche sul terreno (ad Atene), delle verifiche certosine su quanto è stato fatto. Ora non ci si preoccupa delle conseguenze politiche interne ed è ovvio: si brinda per lo scampato pericolo di Grexit. Ma prima o poi, i contraccolpi potranno farsi risentire.
Quanto all’Eurozona, forse ha rimesso sui binari la gestione della crisi ellenica, certo i contrasti sulle regole di convivenza e sulle prospettive dell’unione monetaria non si appianeranno con un documento di sei pagine e mezzo sulla Grecia.