Man mano che passano i giorni aumenta il rischio che la Commissione possa chiedere a Francia e Italia di correggere i progetti di bilancio 2015 se saranno ‘costruiti’ sulle indicazioni annunciate nei giorni scorsi. Nessuna decisione e’ stata presa, in attesa che i testi preliminari delle ‘finanziarie’ siano inviati a BRUXELLES (entro il 15). Convinzione comune, sulla base delle informazioni che stanno circolando tra i ’palazzi’ Ue, e’ che non potra’ esserci un trattamento differenziato per i due paesi. Da parte italiana si sono moltiplicati i contatti con la Commissione ad alto livello politico mentre il premier Renzi sta giocando tutte le carte sulla riforma del lavoro da presentare alla conferenza di mercoledi’ nel tentativo di convincere la cancelliera tedesca Angela Merkel a dare il via libera alla flessibilita’ sui conti pubblici. La Commissione appare paralizzata in attesa di capire la posizione di Berlino: i margini per un compromesso sulla riduzione dei deficit con Parigi e Roma appaiono esigui a meno di un passo indietro delle ‘capitali’ o di violare le regole europee. Una terza via potrebbe esserci: dare piu’ tempo ai paesi a causa di una “grave recessione economica” dell’Eurozona. Ma finora ne’ Katainen ne’ Barroso hanno voluto prenderla in considerazione.
Il portavoce di Katainen ha indicato oggi che “e’ prematuro speculare” sull’opinione della Commissione sul progetto di bilancio francese, peraltro non ancora stato trasmesso a Bruxelles. Lo stesso vale per il caso italiano (anche se il portavoce non l’ha citato). La cosa certa e’ che negli ultimi giorni lo stesso portavoce continua a ripetere la stessa cosa: entro due settimane dal giorno in cui ricevera’ i progetti di ’finanziaria’, se la Commissione ritiene che non rispettino in misura particolarmente “seria” gli obblighi della politica di bilancio previsti dal patto di stabilita’, “in caso eccezionali” puo’ chiedere di correggerli entro tre settimane. Rifarsi alla norma non significa che la decisione e’ stata presa. Comunque , negli ultimi giorni la pressione di Bruxelles sia su Parigi che Roma c’e’ stata: in sostanza, e’ stata ventilata, minacciata la ‘bocciatura’, cioe’ il rischio che la Commissione chieda delle modifiche ai progetti di bilancio a causa del rinvio al 2017 della riduzione del deficit/pil nel caso francese e del rinvio del pareggio di bilancio strutturale al 2017 con la sospensione per un anno dell’aggiustamento nel caso italiano. A oggi la situazione appare sostanzialmente bloccata. A quanto risulta a Il Sole 24 Ore Radiocor, puo’ essere descritta come un gioco a incastro nel quale una serie di manovre tattiche giustificate ma sostanzialmente sbagliate hanno costruito una specie di trappola dalla quale e’ difficile uscire a meno di una decisione coraggiosa e, probabilmente, al limite delle regole.
La Commissione europea si e’ trovata in un ‘cul di sacco’ che qualche misura ha lei stessa costruito. Da mesi sono state poste alla discussione politica varie possibili soluzioni, compresa la riduzione dell’obiettivo di aggiustamento annuale in termini strutturali del bilancio (dallo 0,5% del pil a un quarto di punto percentuale) date le condizioni dell’economia. E compreso anche il ricorso alla ‘clausola’ della crisi generalizzata: e’ previsto che possa essere concesso piu’ tempo per raggiungere gli obiettivi di bilancio in caso di ”severa recessione economica nell’eurozona o nella Ue” a patto che “non danneggi la sostenibilita’ del bilancio nel medio termine”. Si tratta, spiega la Commissione, di “una rinuncia all’obbligo di prendere azioni effettive”, una clausola ”eccezionale da usare solo nella piu’ insolita delle circostanze”. Tale quella sulla quale si fondano le recenti misure anti-deflazione della Bce. Si tratta di una strada sulla quale la coppia Katainen-Barroso non ha voluto procedere e che adesso, nel momento in cui si assiste a una ”escalation” del confronto fra la coppia Parigi-Roma e Bruxelles, potrebbe forse rappresentare una via di uscita. Perche’ tali ‘piste’ non abbiano avuto seguito e’ chiaro: i vertici politici della Commissione non hanno spinto in tale direzione: la prima soluzione (quella dello 0,25%) e’ stata probabilmente ritenuta insufficiente dalle capitali, la seconda e’ stata ritenuta da Katainen e Barroso un azzardo in contrasto con le regole con l’argomento che, in effetti, nel 2015 non si prevede recessione nell’Eurozona.
La transizione dalla vecchia alla nuova Commissione europea non ha facilitato le cose e l’incertezza sul ‘dopo’ fa il paio con la totale assenza di indicazioni da parte dei ministri delle finanze della zona Euro: l’indicazione dei capi di Stato e di Governo sulla flessibilita’ delle regole di bilancio e’ di fine giugno e da allora i ministri non sono stati in grado di fornire degli orientamenti precisi alla Commissione date le profonde divergenze tra di loro. Tutti parlavano di regole e flessibilita’ intendendo spesso cose opposte. Francia e Italia hanno avuto buon gioco nel decidere di rallentare il passo sugli impegni di bilancio, sfruttando il pessimo funzionamento dell’Eurogruppo come sede di negoziazione permanente delle politiche di bilancio ed economiche. Nella situazione di stallo, i due governi hanno deciso di agire costringendo tutti gli altri attori a scoprirsi. La posizione dei due paesi non e’ uguale: la Francia si trova gia’ sotto procedura europea per deficit eccessivo, l’Italia non vuole superare la fatidica soglia del 3% (anche se questa a Bruxelles viene considerata una ‘foglia di fico’ dato il mancato rispetto della regola del debito). Non e’ un caso che il ministro dell’economia Padoan abbia tenuto a precisare fin dall’inizio che “l’Italia e’ l’Italia e la Francia e’ la Francia” (non era una banalita’). Resta il fatto che il premier Renzi ha risposto a Merkel dichiarando di “stare con Hollande” e questo la dice lunga sulla complessita’ della situazione: il piano della valutazione economica e quello della valutazione politica non sempre coincidono.
La sensazione e’ che la Commissione non sappia che pesci prendere. Il rinvio ai due governi del progetto di bilancio sarebbe una assoluta novita’: e’ cio’ che ha rischiato in primavera l’Austria che pero’, dopo la minaccia di una ’bocciatura’ delle legge di bilancio, l’ha corretta prima di presentarla a Bruxelles. Comporterebbe un irrigidimento delle posizioni delle due capitali, avrebbe forse degli effetti politici all’interno dei due paesi oggi non precisamente calcolabili, che nessuno vuole rischiare. Solo in astratto una ‘bocciatura’ potrebbe esser seguita da aperture successive alla flessibilita’ per Francia e Italia: a quel punto i governi dovrebbero pure concedere qualcosa. Non trovare una soluzione che eviti la ‘bocciatura’ e permetta alla Commissione di uscirne come un garante credibile delle regole di bilancio e’ un vero rompicapo a meno di non scegliere la strada del riconoscimento che l’Eurozona sta vivendo una situazione assolutamente eccezionale. Questa probabilmente e’ la decisione politica che potrebbe sbloccare tutto, economicamente giustificata, ma non si sa quanto condivisa. Un mese fa, erano stati i ministri dei paesi sotto Troika a usare parole di fuoco contro la Francia, non solo e non tanto il tedesco Wolfgang Schaeuble. Rimandare tutto alla nuova Commissione potrebbe essere la soluzione migliore dal punto di vista politico, anche perche’ potrebbero rafforzarsi le tensioni in Parlamento con diversi commissari ancora sotto le forche caudine delle audizioni. Il Parlamento votera’ l’esecutivo Juncker il 22: quel giorno si sapra’ gia’ se la vecchia Commissione avra’ chiesto una correzione delle finanziarie di Francia e Italia o no. Se la vecchia Commissione rinviasse tutto al giudizio della nuova, l’esecutivo europeo sarebbe accusato da diverse parti di usare un doppio metro di valutazione: uno per i paesi piccoli, l’altro per i pezzi da novanta dell’Eurozona. Un irrigidimento delle posizioni potrebbe avere delle ripercussioni sulle valutazioni dei mercati finanziari e anche all’interno della Bce (Mario Draghi si sta muovendo sempre con la Bundesbank all’opposizione). Una smentita plateale delle regole del patto di stabilita’ potrebbe fare ancora piu’ male.