La Commissione europea non ha ancora deciso nulla perché quella vecchia segue solo gli affari correnti e quella nuova arriverà per gli ottimisti il primo dicembre, per i pessimisti il primo gennaio. Ma negli organismi comunitari che preparano agende e scadenze politiche c’è un dossier che si chiama “Lisbona 2”. Al momento c’è solo la cartellina, c’è qualche traccia, c’è un pacco di documenti di contorno su mercato del lavoro, impatto dell’invecchiamento della popolazione sui bilanci pubblici e sull’economia, effetti della recessione sulla crescita potenziale, il programma ‘elettorale’ di José Barroso per ottenere il secondo mandato, che per la verità ha soltanto riproposto i temi da sempre inseriti nella strategia di Lisbona. Obiettivo: migliorare la prestazione dell’economia europea, rafforzarne la competitività, aumentare il ritmo di crescita e il livello di occupazione. Semplicemente migliorare sarebbe già qualcosa. L’obiettivo originario, cioè far diventare l’Europa l’area più competitiva del mondo, è stato (giustamente) abbandonato semplicemente perché impossibile.
Su un principio comincia a esserci, almeno in questa fase, un accordo di massima a Bruxelles e tra i governi: il rilancio della strategia delle ‘riforme strutturali’ dovrebbe accompagnare le ‘exit strategy’, il ritiro della stampella pubblica alla crescita e la riduzione dei deficit pubblici, cosa che avverrà per alcuni paesi in parte già nel 2010 per altri dal 2011. In una nota riservata preparata dalla Commissione Ue per l’ultima riunione dell’Eurogruppo (i cui contenuti Il Sole 24 Ore Radiocor è in grado di riportare), vengono indicate cinque riforme fondamentali per rendere il mercato del lavoro in grado di sostenere nuovi choc economici e la creazione di posti di lavoro in una fase di transizione dalla recessione a un ciclo di crescita che viene ritenuta non solo lentissima, ma anche molto dura. Basti pensare alla necessità di ricollocare posti di lavoro da industrie declinanti o che alimentano sovraproduzione di beni a nuove aree di espansione premiando la flessibilità e garantendo la sicurezza nello stesso tempo. Facile a dirsi, quasi un azzardo a farsi. Tanto per fare un esempio, in Europa vengono prodotte ogni anno 4 milioni di automobili che i consumatori non acquistano.
L’attenzione al mercato del lavoro è perfino ovvia: i disoccupati continueranno ad aumentare mentre la ripresa seguirà il proprio corso dato il ritardo di 6-9 mesi della trasmissione degli effetti del ciclo economico. Il primo intervento indicato da Bruxelles riguarda il passaggio dalla protezione del lavoro alla sicurezza dell’impiego. Ciò significa “riequilibrare il grado della protezione legislativa tra diversi segmenti del mercato del lavoro assicurando un sostegno al reddito adeguato”. E’ una strada che deve essere percorsa da Italia, Germania, Spagna, Francia, Grecia, Olanda, Portogallo e Slovenia. Il secondo intervento riguarda i servizi pubblici per l’impiego, che vanno resi efficienti in dieci paesi: Italia, Belgio, Germania, Grecia, Spagna, Finlandia, Irlanda, Portogallo, Slovenia e Slovacchia. Il terzo riguarda la cosiddetta ‘trappola della povertà’ per cui le persone con redditi bassi o nulli non hanno incentivi a cercare un lavoro. L’attività lavorativa va resa attraente particolarmente per chi ha bassa qualificazione. Ciò riguarda sette paesi: Belgio, Germania, Finlandia, Lussemburgo, Malta, Olanda e Slovenia. Il quarto intervento a che fare con i salari, che devono essere flessibili e in linea con la crescita della produttività del mercato del lavoro locale e di settore. La Commissione introduce un nuovo parametro: devono “riflettere l’evoluzione della competitività esterna e le perdite potenziali di prodotto”. I salari “devono essere più reattivi alla produttività” in Italia, Francia, Grecia, Spagna e Finlandia.
Infine il quinto ‘comandamento’: aumentare l’età del pensionamento effettivo. “Tali misure si realizzano nel lungo periodo, ma – dice la Commissione ai ministri dell’economia – decidere adesso aiuterebbe ad ancorare le aspettative e quindi la ripresa in atto”. Sotto tiro in particolare Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Grecia, Lussemburgo e Slovenia.