Non c’è una stretta urgenza di decidere, tuttavia i governi europei non possono fare a meno di far fronte all’emergenza sanitaria ed economica e nello stesso tempo prefigurare le mosse da fare una volta che pandemia e recessione saranno alle spalle. Ciò potrebbe accadere a essere realisti entro l’anno prossimo, a essere pessimisti all’inizio del 2023. Entro l’autunno di quest’anno Commissione e governi dell’area euro dovranno avere le idee chiare per impostare i bilanci 2022 e ciò presuppone due cose: l’accordo per riformare le regole del patto di stabilità prima di ripristinarle e l’accordo su quale dovrà essere il tono della politica fiscale dell’area frutto del “mix” tra scelte nazionali e azione europea (Next Generation EU sarà già operativo). Su quale dovrà essere l’equilibrio tra espansione fiscale e percorso per rendere sostenibili i conti nei paesi più indebitati. Compito difficile perché l’incertezza sull’andamento dell’economia è elevata e perché il tema delle regole resta un nervo scoperto. Il rilancio da parte del commissario Gentiloni di una specie di “golden rule” per trattare la spesa pubblica pro crescita in modo speciale nel quadro del patto di stabilità non è una novità in sé, ma è importante perché dà il la al confronto tra i governi. È un cantiere promettente. L’Eurozona non ha molte alternative se non vuole tornare ai tempi (l’altroieri) in cui a fronteggiare le difficoltà dell’economia c’era solo la Bce, non a caso l’unica entità effettivamente federale in Europa. Azioni e calendari della Ue e della Bce devono mantenersi coerenti. Non deve esserci fretta nel ritirare il sostegno all’economia perché, dice Gentiloni, è meglio peccare per eccesso che per difetto. Italia e Spagna potrebbero non riuscire a compensare il pil perduto neppure entro fine 2022 e sarebbe autodistruttivo non tenerne conto. Ma è un cantiere in cui si misureranno divergenze antiche, come la classica divisione Nord-Sud: facile da aprire, complicato da chiudere. L’Europa ha un problema in più: la crisi è stata più severa rispetto a quanto accaduto negli Usa, dove la ripresa è ora più forte che nella Ue. Non si può parlare a tutto spiano di “autonomia strategica” dell’Europa se poi non se ne costruiscono le condizioni a partire dalle politiche fiscali. Chiaro che più l’Italia userà bene l’occasione del Recovery Fund, più le sue posizioni peseranno a Bruxelles.
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