Il fatto che gli attacchi terroristici del passato (da New York a Londra a Madrid) abbiano avuto effetti sull’economia e sui mercati finanziari relativamente limitati e di corta durata, non fornisce molte indicazioni sul futuro. La novità dopo gli attacchi dell’Isis a Parigi è la generalizzazione del rischio terrorismo, che presumibilmente avrà un doppio impatto negativo: sui consumi e sugli investimenti da un lato, sulla circolazione delle persone e delle merci nel mercato unico europeo dall’altro. Nessuno è in grado di fornire stime quantitative credibili, ma se già i rischi di peggioramento del quadro economico europeo venivano considerati maggiori dei rischi di un miglioramento prima degli attacchi dell’Isis a Parigi, adesso sarà molto più difficile che l’ago della bilancia si sposti verso l’alto.
Stando alla stima flash sulla fiducia dei consumatori europei di novembre, le cose non stanno andando male. Tutt’altro. Però la maggior parte delle interviste fatte per ‘nutrire’ l’indicatore è stata fatta prima del venerdì nero parigino. Occorrerà aspettare i dati completi che saranno pubblicati a fine mese e poi quelli di dicembre.
Nel rapporto di previsione della Commissione pubblicato due settimane fa non si trova alcun riferimento al terrorismo, ma da alcuni giorni c’è chi sta studiando in modo approfondito l’andamento degli indicatori di fiducia del business e delle famiglie nei periodi in cui il terrorismo ha colpito in Europa (Londra a Madrid, soprattutto). In un’analisi congiunturale pubblicata oggi Ihs Global Insight’s indica che l’evidenza “relativa agli attacchi terroristici di alto profilo come quelli accaduti a Londra, Madrid e New York mostra che gli effetti negativi sui mercati finanziari sull’attività economica saranno relativamente piccoli e di breve durata”. Gli attacchi alle Torri Gemelle nel settembre 2001 provocarono 80 miliardi di perdite all’economia americana, pari allo 0,1% del pil.
In Europa la stessa spesa degli Stati per fronteggiare l’emergenza appare contenuta, una goccia nel mare dei bilanci 2016: 600 milioni in Francia, 400 milioni in Belgio, fra 300 milioni e mezzo miliardo in Italia. Per tali spese Commissione Ue e governi sono intenzionati a prevedere una clausola di flessibilità sui conti pubblici (la quarta dopo quelle per investimenti in grandi progetti, le riforme strutturali avviate e l’immigrazione, ma si tratterà di un segnale importante dal punto di vista politico più che per l’impatto economico-finanziario: siamo nell’ordine degli ‘zero virgola zero qualcosa’ del pil in termini di maggiore deficit pubblico. Altra cosa se venissero ‘scontate’ del patto di stabilità le spese per la Difesa: non in generale, ma di quelle legate al contrasto del terrorismo islamico. Può darsi che ci si arrivi prima di quanto si immagini.
Il rischio prolungato di un’Europa sotto il bersaglio del terrorismo può alterare in misura significativa lo scenario economico a causa della fragilità della ripresa. Nell’ultimo rapporto di previsione della Commissione europea (pubblicato il 5 novembre) venivano indicati tre rischi di peggioramento dell’economia esterni all’Eurozona e alla Ue e quattro rischi interni. I primi riguardano un rallentamento più marcato delle economie emergenti e un ‘hard lending’ (un atterraggio duro) dell’economia cinese; sorprese sulla normalizzazione della politica monetaria americana che prima o poi avverrà con conseguente volatilità dei mercati finanziaria; tensioni geopolitiche non meglio precisate originate dall’area mediorientale e dalle aree di guerra nel Mediterraneo. I rischi interni: l’incertezza derivante da Brexit; una ricaduta della Grecia nella crisi ingovernabile; investimenti ‘lenti’ a causa del disindebitamento delle imprese e dell’ampiezza dei crediti bancari in sofferenza; l’afflusso di immigrati che incide sugli indicatori di fiducia delle famiglie.
Non allarmista sugli effetti del terrorismo islamico sui comportamenti di business e consumatori, Ihs Global Insight’s è piuttosto pessimista sulla valutazione generale della situazione europea a prescindere dagli ultimi avvenimenti, sostenendo che “la crescita trimestrale è di nuovo deludente”. Nel terzo trimestre infatti il pil è cresciuto dello 0,3% (trimestre su trimestre) dopo 0,4% nel secondo e un picco di 0,5% nel primo.
La Commissione europea, che scommette su un 2017 rinvigorito sulla spinta di un aumento degli investimenti, vede l’anno prossimo ancora solo come un periodo di lenta transizione alla normalità economica: “Rispetto alle precedenti fasi di ripresa il ritmo degli investimenti resterà abbastanza debole a causa delle eredità della crisi in particolare a causa dell’azione per ridurre l’indebitamento e del rallentamento della crescita fuori Europa. Nel secondo trimestre, per esempio, il tasso di investimenti in rapporto al pil era al 19,8% nella zona euro contro una media del 22,1% nel periodo 1998-2007”.
In tale situazione una modifica anche marginale della valutazione sulla sicurezza personale e degli scambi può avere effetti rilevanti per quanto temporanei. In Europa la questione della sicurezza anti-terrorismo è strettamente legata alla permeabilità delle frontiere: il contrasto del terrorismo e la gestione dei flussi di migranti stanno portando al superamento dello Spazio Schengen così come l’abbiamo conosciuto finora e ciò è destinato ad avere un impatto sugli scambi, sui costi di trasporto delle merci. Di conseguenza potrebbero peggiorare le valutazioni sui ritorni attesi dal capitale investito e di qui una riduzione degli investimenti esteri.