Borse e mercati obbligazionari cominciano a reagire al blob dell’incertezza che si espande dalla Grecia alla zona euro estendendosi oltre Atlantico. La sensazione che il tempo sta pressando”, come ha indicato il commissario agli affari economici Pierre Moscovici a Washington, sta diventando una convizione diffusa. D’altra parte, l’aspettativa che alle riunioni informali dei ministri finanziari la prossima settimana a Riga (il 24 l’Eurogruppo, il 25 l’Ecofin) possa essere sistemata la pietra miliare di un accordo da perfezionare un po’ più tardi, appare sempre più sfumata. Pochi scommettono adesso su un’intesa nella capitale lettone. Il responsabile delle finanze tedesche Wolfgang Schaeuble ha espresso chiaramente il suo scetticismo su eventuali novità fra una settimana e indica che l’ipotesi di una Grexit “è solo una decisione della Grecia”. Il ministro greco Yanis Varoufakis respinge le “attuali condizioni” poste dai creditori e conia un nuovo slogan: “Lavoriamo per un compromesso senza comprometterci”. Intanto le banche centrali dei paesi vicini alla Grecia ordinano alle filiali degli istituti ellenici di azzerare l’esposizione al rischio finanziario di asset greci. Un segno che, mentre si chiede – quasi una intimazione – alla Grecia di “muoversi”, c’è chi si prepara alle ipotesi peggiori.
Il fatto che Schaeuble abbia ribadito la difficoltà estrema di giungere a un accordo nel giro di qualche giorno, significa che le discussioni in corso a Washington a margine delle riunioni di Fondo monetario e Banca Mondiale non sono servite finora a fornire la chiarezza politica necessaria per fare in poco tempo ciò che creditori e Grecia non sono riusciti a fare in lunghe, faticose e inconcludenti settimane. “La Grecia deve rispettare gli accordi per ottenere l’ultima ‘tranche’ del prestito”, ha ribadito il ministro tedesco. La stretta è tutta, ancora, sulla Grecia. “Deve fare una mossa, deve inviare un segnale chiaro, occorre muoversi, nessuno qui vuole l’uscita della Grecia dall’euro, nessuno la prepara, non ci sono piani B, tutti stiamo dicendo che ora la Grecia deve decidere”, indica da Washington Moscovici. Il commissario francese ritiene ancora possibile usare la riunione Eurogruppo di Riga e quella successiva dell’11 maggio a Bruxelles per chiudere positivamente la partita. Schauble pare di no.
La novità del fine settimana arriva dai mercati borsistici e obbligazionari (con la corsa agli asset considerati ‘sicuri’, l’aumento degli spread per Spagna e Italia) e dalle mosse di alcune autorità nazionali. La decisione delle banche centrali di Albania, Bulgaria, Cipro, Romania, Serbia, Turchia e dell’ex Repubblica
jugoslava della Macedonia di azzerare l’esposizione a titoli pubblici, obbligazioni, depositi presso banche greche, prestiti interbancari delle filiali di banche elleniche stabilite nel loro ‘territorio’, di cui ha dato notizia il quotidiano greco Kathimerini, viene definita una messa in “quarantena” del rischio Grecia. E’ la dimostrazione che si comincia a correre ai ripari temendo che la pazienza dei mercati e dei creditori della Grecia si esaurisca come si sta esaurendo la liquidità delle casse del Tesoro ellenico.
Il ministro greco Varoufakis ha avvisato a Washington che “la liquidità sta finendo”. Ha confermato che le condizioni attuali del negoziato non permettono un accordo e che intenzione del governo ellenico è continuare a lavorare per un’intesa. “Compromesso, compromesso, compromesso senza comprometterci”, ha scandito nel corso di un dibattito al Brookings Institution. Il premier Alexis Tsipras si mostra addirittura ottimista. Atene rilancia adesso su giugno: inizialmente fine giugno era la data per definire l’accordo sulla gestione del medio periodo dopo la chiusura dell’intesa sulla fine del programma di aiuti appena prorogato con l’esborso di 7,2 miliardi di euro. Tra oggi e giugno, però, ci sono i pagamenti per svariati miliardi di euro ai creditori da onorare ed è proprio la prospettiva di una crisi di liquidità che sta seminando tensione sui mercati finanziari. Per questo, rispetto a quanto accedeva nelle settimane precedenti, nessuno condivide l’ottimismo sbandierato da Tsipras.
Dopo che il Fmi ha sbarrato la porta a un rinvio dei pagamenti, le preoccupazioni che la situazione possa sfuggire di mano sono aumentate. Non ci sono segnali di conferma che l’Eurozona in quanto tale o direttamente alcuni governi (a partire dal governo tedesco) sta approntando un piano per permettere alla Bce di garantire alle banche elleniche il finanziamento di emergenza in caso di ‘default’. Certo l’ipotesi di gestire una fase temporanea di conclamata crisi finanziaria con la chiusura delle banche e l’introduzione di controlli sul movimento dei capitali è da tempo sul tavolo. Più di un mese fa aveva alluso a tale prospettiva il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem. Il quale ne aveva parlato per spiegare come non ci sia alcun automatismo fra il mancato pagamento a un creditore e l’uscita dall’euro.
Nelle ultime ore sembra affievolirsi la sicumera di qualche esponente dell’Eurozona sulla capacità di resistenza dell’unione monetaria alla ‘Grexit’. Anche questo è un segno che i margini per evitarla si stanno riducendo. Ed è anche la dimostrazione che quand’anche l’abbandono dell’euro da parte della Grecia possa essere gestito nel breve periodo, nessuno è in grado di prevedere come gestire gli effetti politici e la sfiducia sulla capacità dell’Eurozona di resistervi a medio termine. Questo, indica un responsabile europeo a livello tecnico, “è il vero territorio sconosciuto”. Facile immaginare uno scenario da “10 piccoli indiani”: via la Grecia, ci si interrogherebbe subito su quale paese sarà il prossimo. Si capisce perché il Fondo monetario internazionale abbia indicato oggi di non aspettarsi l’uscita della Grecia dall’unione monetaria, che avrebbe un impatto grave sull’economia nazionale e aprirebbe un problema di fiducia sull’Europa. Una prospettiva che non deve e non può “essere sottovalutata”.