Sono 300 le società italiane controllate dai cinesi. Ora c’è stato il ‘colpaccio’ con la Pirelli, ma giusto giusto un anno fa la People’s Bank of China aveva rilevato poco più del 2% di Eni ed Enel, cui poi si aggiungono le partecipazioni in Telecom, Prysmian, Fca, Generali. Mediobanca. E poi il 35% di Cassa Depositi e Prestiti Reti, che possiede il 30% e il 29% di Snam e terna. Poi Shanghai Electric controlla il 40% di Ansaldo Energia. Lusso, meccanica, sport, lo ‘shopping’ e a 360 gradi. La preoccupazione per il ‘blob’ proprietario cinese in Italia è al massimo grado, specchio fedele non solo della forza dei ‘capitani’ del socialcapitalismo dell’Impero di Mezzo, ma anche – e soprattutto – della debolezza dei ‘capitani’ dell’industria e della finanza nazionali. Tensioni in parte simili sta vivendo la Francia, che però è ben lontana dallo spezzatino internazionale del suo assetto industriale ed è anche lontana dall’essere diventata dipendente dalla Cina, essendo la Cina l’ottavo investitore estero nell’Esagono. Il rapido aumento delle ‘partnership’ tra i due paesi sia in Francia che all’estero viene percepito come un rischio, ma il fatto che si moltiplichino viene, per ora, considerato dal governo un fatto positivo: i cinesi hanno capitali e di capitali ha bisogno anche la Francia.
Interessante rilevare la differenza di percezione rispetto a quanto avviene in altri paesi. Per esempio nel Regno Unito. E’ recentissimo l’annuncio che il gruppo di Hong Kong Hutchison Whampoa, del ricchissimo Li Ka-Shing, sborserà 14 miliardi di euro per comprare 02, filiale britannica del gruppo spagnolo Telefonica. Nascerà, Antitrust permettendo, il nuovo numero 1 della telefonia mobile del Regno Unito. Hutchison Whampoa già controlla l’operatore mobile Three Uk e solo otto mesi fa aveva comprato 02 Irlanda per 850 milioni di euro. Si sta così ben attrezzando per fronteggiare la concorrenza nel settore tlc europeo in piena fase di ricomposizione. Nel Regno Unito nessuno si strappa i capelli. La Francia è molto più sensibile, maestra di bordate contro l’attacco ai ‘campioni nazionali’ specie quando c’è di mezzo Bruxelles. Certo, comincia a esserci preoccupazione per la ‘ramificazione’ della presenza cinese nei più disparati settori, meno per la sua dimensione. Almeno fino a oggi. Ultimamente c’è stato l’annuncio della firma di un accordo da parte della Total per un progetto di gas in Russia con un co-finanziamento cinese per 10-15 miliardi di dollari. Interessante notare settore, area geo-economica e contesto politico (tutta la discussione nelle istituzioni europee oggi è sulla scelta di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico che chiama in causa in primo luogo le relazioni Ue-Russia).
A metà marzo The Wall Street Journal ha indicato che il gruppo di telecomunicazioni cinese Pccw ha cominciato una trattativa esclusiva per acquisire del sito internet francese più consultato al mondo DailyMotion. A suo tempo il ministro francese difensore dell’industria patria Arnaud Montebourg aveva bloccato un ‘rapprochement’ di DailyMotion con Yahoo. Il numero 1 di Pccw è il figlio di Li Ka-Shing che nel 2005 aveva comprato la catena di profumeria francese Marionnaud, terzo gruppo europeo. Poi il turismo con il conglomerato Fosun alleato a un gruppo di investitori francesi e brasiliani: dopo 18 mesi di battaglie in Borsa i cinesi sono diventati proprietari del gruppo e all’inizio di marzo hanno pure annunciato di aver comprato il più antico gruppo del turismo internazionale Thomas Cook. A dicembre due investitori cinesi con il fondo canadese Snc Lavalin hanno acquistato la quasi totalità della quota pubblica nell’aeroporto di Toulouse-Blagnac (aggiudicandosi in tutto il 49,9%) facendo fallire così la campagna di ‘crowdfunding’ (finanziamento dal basso) per evitare la privatizzazione che aveva raccolto nel giro di un mese 14,3 milioni di euro. Cambiata la fase rispetto alla difesa di tutto ciò che è francese, il governo ha assicurato che piste e muri resteranno sotto controllo francese.
L’analisi di Le Figaro, sotto il titolo ‘La Cina divorerà Airbus?’ è stata questa: “La Cina vuole dar vita a un grande produttore di aerei concorrente di Boeing e Airbus e come per caso decide di acquisire metà del capitale dell’aeroporto di Tolosa, nel cuore dell’ecosistema del gruppo franco-tedesco, la città dove viene effettuata una parte dei test e dei voli degli aerei, vicino a numerosi fornitori strategici e agli stabilimenti del gruppo. Dato il passato dell’industria cinese, che non è mai stata chiusa allo spionaggio industriale è assolutamente delirante che lo Stato francese dia Cina un invidiabile punto d’osservazione alla Cina per costruire un concorrente di Airbus”.
Poi il gruppo Psa Peugeot Citroen con l’arrivo poco più di un anno fa del produttore auto Dongfeng, prima alleanza nel settore tra un gruppo francese e un gruppo cinese, con 800 milioni di euro, stesso ammontare investito in contemporanea dallo Stato. Conclusione. Dongfeng detiene il 14% del capitale. Nel 2011 China Investment Corporation ha acquistato il 30% della divisione esplorazione e produzione di Gdf Suez per 2 miliardi e mezzo di euro. Sempre nel settore energia nel giugno 2013 le divisioni Petrochem e Nuclear e le ‘specialità’ del gruppo Manoir sono finite al gruppo Yantai Taihai. Da febbraio nuovo stabilimento di produzione di latte per bambini nella regione del Calvados nella bassa Normandia con una partecipazione minoritaria (un terzo) dell’azionista cinese Biostime. Non lontano, nel Finistère in Bretagna, è arrivato il produttore lattiero Synutra per uno stabilimento che produce latte in polvere. Quattro mesi fa un industriale cinese ha acquistato il castello di Bellefont-Belcier nell’area viticola bordolese: è stata la prima volta che un cinese si aggiudica un’area del famoso Saint-Emilion. I cinesi ricchi sono diventati appassionatissimi di vitigni francesi, negli ultimi cinque anni avrebbero acquistati 75 grandi proprietà. Poi l’acquisto dell’Hotel Marriot a Champs-Elysées, della calzatureria di lusso Robert Clergerie. E a fine 2016 dovrebbe nascere un megacentro d’affari franco-cinese per accogliere 2500 piccole e medie imprese cinesi a Illange, paesino di duemila anime nel dipartimento della Mosella. Il condizionale è d’obbligo perché ci sono complesse questioni legali da risolvere che rendono il progetto ancora incerto.