Accuse e controaccuse tra Atene-Berlino, la fiducia è in bilico

La ‘guerra’ delle accuse e controaccuse tra Berlino e Atene non è solo nervosismo a fior di pelle. È lo specchio fedele dell’erosione dello spazio nel quale si dovrebbero fare prove di fiducia. Invece avviene il contrario paradossalmente proprio mentre i fiduciari degli stessi esponenti politici che litigano, il ministro tedesco Wolfgang Schaeuble da una parte e il ministro greco Varoufakis dall’altra, cercano di tessere la tela di un compromesso su misure economiche, riforme, ‘tranche’ di prestito da sborsare. E nelle stesse ore in cui la Bce conferma il sostegno a singhiozzo alle banche greche elevando addirittura il ‘plafond’ del finanziamento d’urgenza a 69,4 miliardi di euro. Oggi sia Atene che Berlino hanno confermato che l’ambasciatore nella capitale tedesca ha presentato una protesta ufficiale sui commenti di Schaeuble: il ministro tedesco aveva invitato Varoufakis a leggere l’accordo con l’Eurogruppo di qualche settimana fa. “Deve solo leggerlo, gli presto la mia copia se necessario”, aveva detto Schaeuble.

Varoufakis l’ha presa come un insulto. Il rischio è che la tela faticosamente rattoppata della fiducia continui a strapparsi.

L’impressione è che una mossa giusta, ultima l’accordo con l’Eurogruppo per riprendere i negoziati a livello tecnico e mettere cifre e date sugli ultimi impegni di riforma del governo greco, sia sempre seguita da un paio di mosse sbagliate. Gli esponenti greci, da Tsipras a Varoufakis, continuano a tenere alta la tensione: oggi, per esempio, il premier greco ha ribadito la necessità di ristrutturare il debito (il Fmi già è allarmato per l’intervento sul debito ucraino). Senza ristrutturazione la Grecia non potrà essere “solvente”, ha detto. Il messaggio è: cari creditori, il problema è tutto vostro.

 

E, soprattutto, negli ultimi giorni la questione della riparazione dei danni provocati dall’occupazione nazista. Da tempo il governo tedesco considera chiusa la questione con il Trattato di riunificazione, Atene sostiene che l’accordo del 1990 non esclude specificamente le riparazioni di guerra. Tsipras brandisce questo argomento con molta efficacia all’interno. All’esterno chiede il rispetto delle ragioni morali, politiche e simboliche del suo paese a fronte di una Germania accusata di moralismo perché insiste sul fatto che i debiti vanno pagati punto e basta.

Da Berlino, un po’ attoniti per la persistente violenza verbale, si risponde per le rime. I giornali tedeschi rirpotano che Schauble avrebbe giudicato la comunicazione di Varoufakis “stupidamente ingenua”. Benzina sul fuoco. Poi da Atene si ammette che c’è stato un errore di traduzione, ma il tono del ministro comunque era “offensivo”. Schauble di rimando: da me nessun insulto, è una insensatezza. Inevitabilmente anche la Bce, attore fondamentale della partita greca, viene risucchiata nel gorgo. Qualche giorno fa Tsipras ha accusato Draghi: la Bce “ci tiene la corda attorno al collo”. E Varoufakis: la Bce conduce una politica “che asfissia”. Draghi ha ribattuto con questa stilettata: “L’ultima cosa che si può dire è che la Bce non sostiene la Grecia”.

È ovvio che gli attori di questi scontri a ripetizione hanno tutti un fronte interno al quale badare: ad Atene si dovrebbero ricordare la fatica che ha fatto Schaeuble a convincere una forte ala di irriducibili del suo partito a dare il via libera al prolungamento di 4 mesi del programma di aiuti alla Grecia, e a Berlino che la stabilità del governo Tsipras non è scritta nel marmo.

Quanto al negoziato a livello tecnico, non se ne sa molto. L’ex Troika, oggi si chiama Brussels Group, lavora silenziosamente. Alcuni funzionari di Commissione, Bce e Fmi sono tornati oggi ad Atene, ma ben sotto traccia. Dall’Eurogruppo comincia a filtrare la valutazione che non c’è alcun timore sulla liquidità a breve del Tesoro ellenico. Sarà in grado di ‘pescare’ fondi dalle casse della sicurezza sociale delle aziende pubbliche. Un messaggio dolce tanto per evitare che la sfiducia prenda piede anche sui mercati.