Il 27 febbraio la Commissione europea darà il suo verdetto sulla legge di bilancio italiana e a questo punto appare scontato il semaforo verde. Ciò perché la finanziaria 2015 può godere pienamente della nuova clausola di flessibilità nella valutazione dei conti pubblici che tiene conto della difficile situazione ciclica riflessa nella differenza tra crescita economica effettiva e crescita economica potenziale (‘output gap’ a quota -3,5% nel 2015). Coincidono le stime italiane con quelle europee: deficit/pil nominale al 2,6%. L’aggiustamento strutturale del bilancio che per il governo è dello 0,3% è dello 0,25% per Bruxelles. E dato che la nuova regola prevede per un paese che ha un ‘output gap’ fra -4% e -3% una riduzione obbligatoria di un quarto di punto percentuale invece che di mezzo punto percentuale, ne consegue che i conti italiani per il 2015 sono considerati in linea con i requisiti europei. Resta la questione del debito: a fine mese la Commissione presenterà il rapporto specifico e dovrà concludere se i fattori economici rilevanti (condizione ciclica, agenda di riforme strutturali, situazione complessiva del debito sia pubblico che privato) saranno sufficienti per non aprire una procedura specifica di sorveglianza. L’aria che tira a Bruxelles, per ora, è di non aprire procedure quest’anno. Ma è un fatto che ci sono forti pressioni di alcuni governi (Germania in primo luogo) e della Bce per non “dimenticare la regola del debito”.
A novembre la Commissione europea stimava che lo sforzo di bilancio in termini strutturali dell’Italia era soltanto dello 0,1% e non dello 0,3% come calcolato dal governo. Questo a fronte di un obbligo a ridurre il deficit strutturale dello 0,5%, livello che per l’Italia nel 2015 risulta dimezzato. Ad avvicinare le ‘cifre’ di Bruxelles a quelle del governo sono stati tre fattori. Il primo è la ridotta spesa per interessi, il secondo ha che vedere con la riconsiderazione degli effetti di alcune misure fiscali, il terzo dipende dalla recente revisione della differenza tra crescita potenziale e crescita effettiva dovuta ai nuovi dati sulla popolazione attiva elaborati dall’Istat. Mentre per lo ‘spesometro’ (l’invito al contribuente a correggere spontaneamente le dichiarazioni fiscali) i 900 milioni di incassi stimati dal governo non sono per ora tenuti in considerazione dalla Commissione europea perché deve essere ancora fatta l’analisi di fattibilità da parte italiana, per il settore dei giochi Bruxelles tiene conto di mille richieste di regolarizzazione su tremila (200 milioni).
Non ci sono indicazioni precise sull’orientamento che prenderà la Commissione sul debito e sulle valutazioni relative alla procedura per squilibri macro-economici, altro elemento delle decisioni di fine mese che coinvolgono anche l’Italia. Da un lato la Commissione non può smentire se stessa approvando la legge di bilancio 2015 e dall’altro lato ritenendo l’Italia nello stesso tempo responsabile del mancato rispetto della regola del debito, con l’impegno a ridurlo progressivamente secondo certi parametri. Resta però la promessa che del debito non si sarebbe “dimenticata”. Proprio sulla questione del debito punta chi ha mal digerito la svolta ‘flessibilista’ della Commissione europea, in particolare la Bce e il governo tedesco.
Qui entrano in gioco i “fattori rilevanti”. Sono in corso scambi di lettere e di informazioni tra Bruxelles e Roma proprio su questo: prima di stilare il rapporto sul debito, la Commissione chiede ai governi quali sono secondo loro gli elementi che giustificano la mancata riduzione del debito/pil. La stessa Commissione a novembre stimava che per rispettare la regola del debito nel periodo di transizione 2013-2015 l’Italia quest’anno dovrebbe in teoria assicurare un aggiustamento strutturale del 2,5% del pil, una vera e propria mazzata per un paese per tre anni consecutivi in recessione. Per questo Bruxelles indicava pure l’impossibilità di effettuarla riconoscendo la fondatezza delle argomentazioni italiane.
E’ interessante notare però che il commissario Pierre Moscovici ha detto espressamente che aspetta dal governo un calendario più preciso sulle riforme strutturali, sugli impegni di medio periodo che si capisce dovrà essere corredato da valutazioni di impatto sulla finanza pubblica. Sono tutti elementi fondamentali affinchè Bruxelles possa valutare pienamente la rilevanza dei fattori da tenere in considerazione per non aprire una procedura sul debito.