“La capitalizzazione del nuovo Fondo per gli investimenti proposto dalla Commissione europea da parte degli Stati sarebbe molto utile perche’ non sappiamo se davvero il moltiplicatore 1 a 15 funzionera’, potrebbe risultare piu’ basso”. Il presidente del Deutsches Institute fur Wirtschaftsforschung Marcel Fratzscher, e’ uno di quegli economisti tedeschi che ha dichiarato subito il suo consenso al ‘piano Juncker’: se combinato all’azione che ogni paese deve condurre per uscire dalla ‘trappola’ della liquidita’, con un’assunzione di responsabilita’ diretta dei governi, potra’ fare la differenza rispetto alle strategie perseguite finora per evitare la trappola della deflazione. Cio’ non significa pero’, questa la visione dell’economista tedesco, che i bilanci pubblici non debbano avere solide fondamenta. ”Il problema oggi e’ l’assenza di fiducia che l’investimento di medio e lungo termine dia ritorni adeguati, cio’ vale sia per l’Eurozona che per la Germania”.
Nel suo ultimo libro “Die Deutschland Illusion” Marcel Fratzscher propone una lettura della Germania diversa da quella prevalente e ’illusoria’: la Germana, sostiene l’economista tedesco, e’ un paese che si trova su un piano inclinato e sta vivendo grazie alle proprie riserve. “L’idea che l’economia tedesca non ha bisogno di grandi sforzi, che tutto sta andando per il meglio o abbastanza bene perche’ si va verso un bilancio pubblico in pareggio fino al 2018, tutto questo riflette una percezione sbagliata”. Per quanto riguarda il ‘piano Juncker’, che i capi di Stato e di Governo della Ue si apprestano a confermare nella riunione di questo fine settimana a Bruxelles, Fratzscher ritiene che si fonda sulla “speranza” che sia lo strumento per riavviare il meccanismo della fiducia. “Attualmente in Europa c’e’ una liquidita’ enorme e per questo occorre chiedersi perche’ a fronte di tale liquidita’ non si spende in progetti. Cio’ e’ vero per l’Europa come e’ vero in particolare per la Germania: in molti paesi, in Italia e Spagna per esempio, molte banche hanno a disposizione un’ampia liquidita’, ma il costo del denaro per chi deve investire resta a livelli non accettabili, i tassi di interesse ufficiali sono bassi ma per lo piu’ il credito non si sblocca”. La questione della fiducia e’ essenziale. Fratzscher la scompone in diversi elementi: “Nei paesi europei e anche in Germania non si investe semplicemente perche’ c’e’ troppa incertezza, una diffusa incertezza su troppi elementi: innanzitutto, chi compra cio’ che viene prodotto in Germania e fuori? cambieranno le regole per il settore energetico?, quali conseguenze avra’ la crisi tra Russia e Ucraina anche in relazione al mercato energetico e ai prezzi dell’energia? in paesi chiave dell’area europea, Italia e Francia innanzitutto, si faranno davvero le riforme, la spinta a mantenere il ritmo delle riforme strutturali si esaurira’ o no? Per non parlare dell’incertezza sullo stato dei bilanci delle banche, sulla stabilita’ politica in Francia e in Italia”. Il ‘piano Juncker’ crea “un vantaggio” che per Fratzscher e’ molto importante e di per se’ costituisce un effetto leva per la fiducia che gli investitori non trovano nel mercato e non hanno trovato finora nell’azione pubblica ai livelli necessari: “Il vantaggio e’ che le istituzioni europee forniscono le garanzie: se il progetto di investimento fallisce la Ue si assume il rischio della prima perdita e per le imprese impegnate in progetti economicamente interessanti, che hanno una prospettiva di profitto, cio’ costituisce il valore aggiunto dell’operazione. A questo punto la speranza e’ che funzioni”. Occorre stare attenti a un facile ottimismo. Attualmente non e’ chiaro se i governi europei ci metteranno i soldi, cioe’ se parteciperanno direttamente al capitale del nuovo Fondo per gli investimenti per rafforzarne la base, rendendo cosi piu’ solido l’effetto moltiplicatore: un euro pubblico che mobilita fino a 15 euro di investimento complessivo. Cio’ costituisce un fattore di incertezza che va fronteggiato.
L’esperienza delle banche di sviluppo nazionali e della stessa Banca europea degli investimenti, che nel Fondo proposto dalla Commissione versera’ 5 miliardi freschi affiancati alle garanzie Ue per 16 miliardi, indica che il moltiplicatore a certe condizioni puo’ addirittura essere superiore a 15. Occorrera’ pero’ verificare se la ‘leva’ funziona nella stessa misura in uno scenario in cui prevalgono gli istinti e le scelte di tipo deflazionistico che tendono a paralizzare l’economia. In effetti, dice Fratzscher, “non sappiamo se tale moltiplicatore funzionera’, per questo se Germania, Francia, Italia, Spagna investono direttamente nel Fondo europeo proposto dal ‘piano Juncker’ cio’ costituirebbe un chiaro importante segnale di fiducia”. La necessita’ di ‘puntellare’ il piu’ possibile la fiducia nell’operazione lanciata da Juncker deriva dal fatto che il piano proposto dalla Commissione europea non e’, ricorda Fratzscher, un “piano di investimenti pubblici, ma contrariamente a quanto avveniva in passato e’ un piano per stimolare, attrarre investimenti privati, che e’ la grande preoccupazione di fondo”. In Germania si sta discutendo molto del ‘piano Juncker’ e c’e’ chi pensa, spiega il presidente del Diw, che il nuovo fondo europeo per gli investimenti potrebbe essere “usato male, che i progetti non saranno efficienti”. Cio’ fa parte di un riflesso e di una percezione sbagliati delle difficolta’ attuali in cui si dibatte l’Europa e in cui si dibatte anche la Germania. Da tempo il Deutsches Institute fur Wirtschaftsforschung e’ impegnato nella critica a una visione edulcorata del modello di crescita tedesco. La posizione finanziaria della Germania e’ certamente impressionante tenendo conto che soli dieci anni fa la Germania era considerata il punto debole dell’Europa. Ma si tratta anche di una immagine in parte “ingannevole” se si tiene conto del fatto che dal 1999 la Germania ha registrato tassi di crescita inferiori al resto della zona euro, i salari reali sono aumentati solo leggermente dal 1999 (per il 60% dei lavoratori sono calati) e la spesa per consumi in termini reali e’ cresciuta meno rispetto al resto della zona euro. In una recente analisi, il Diw ha mostrato come negli ultimi quindici anni la caduta degli investimenti sia stata tale che se dal 1999 il tasso degli investimenti nazionali fosse stato della stessa entita’ della media dell’Eurozona il pil pro capite sarebbe aumentato di quasi l’1% all’anno. Lo spazio di bilancio per investire in settori come energia, infrastrutture di trasporto, educazione, piu’ di quanto previsto in Germania c’e’ e va usato adesso. Entro il 2017, indica il Diw, il surplus annuale arrivera’ a circa 28 miliardi di euro, tenendo conto che “i costi di finanziamento per il governo tedesco sono attualmente piu’ bassi che mai, cio’ fornisce spazio di flessibilita’ senza necessariamente far emergere una necessita’” di preoccuparsi degli effetti sul lato delle entrate e delle spese. Per il Diw aumentare gli investimenti pubblici e privati in questa fase non rafforza solo la crescita tedesca, ma costituirebbe “uno stimolo significativo per la crescita economica in Europa nel suo insieme”. Sarebbe un modo efficace per “aiutare i vicini”. Una svolta in questa direzione non e’ alle viste. Il problema conclude Fratzscher, rimanda al ruolo della Germania in Europa: “Di fatto la Germania e’ reticente a esercitare un ruolo di leadership, prevale lo scetticismo, e’ un paese che non si trova a suo agio come leader in Europa”. Perche’ oltre agli onori cio’ comporta anche degli oneri. Qualche giorno fa Fratzscher ha pubblicato un commento nel quale ha criticato duramente la timidezza del governo tedesco: l’annuncio del ministro delle finanze tedesco Schaeuble che saranno spesi 10 miliardi piu’ del previsto per investimenti pubblici nel periodo 2016-2018 ”e’ un passo nella giusta direzione, ma corrispondendo allo 0,1% della prodotto annuale tedesco, un tale schema appare piu’ come un tentativo di reagire alle critiche del resto d’Europa che non a un effettivo cambiamento di politica”.