La partita dei bilanci pubblici di Italia e Francia sarà giocata a marzo. Al di là delle battute, delle dichiarazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel e delle reazioni risentite (in buona parte legittime) dei governi italiano e francese, nei prossimi tre mesi e mezzo si vedrà se i due paesi rispetteranno le regole di bilancio. L’Eurogruppo si appresta a sostenere le opinioni della Commissione europea e questa è una dimostrazione di realismo che l’intensità – ancora una volta – delle dichiarazioni di Tizio o Caio sulla necessità di rispettare il patto di stabilità non riesce a scalfire.
Le dichiarazioni della cancelliera tedesca sulla stampa tedesca hanno riavviato il botta-risposta tra Berlino e Roma e ciò ha fatto subito pensare alla possibilità che nella riunione dei ministri la polemica sui bilanci 2015 di Francia e Italia potesse riesplodere con una certa virulenza dopo i tentativi equilibristici della Commissione di prendere tempo (fino a marzo). Si è capito però subito dalle parole del ministro delle finanze tedesche Schaeuble che non c’è aria di rottura. Schaeuble ha riconosciuto che la riforma del mercato del lavoro italiana è “rilevante”. Quanto basta per svelenire gli animi. Alla stampa tedesca Merkel aveva dichiarato che “la Commissione ha indicato una road map, una tabella di marcia con indicazioni sui tempi entro i quali Francia e Italia devono presentare impegni a ulteriori misure. È una posizione difendibile, perché entrambi i Paesi affrontano davvero un processo di riforme. Ma la Commissione ha anche detto chiaramente che i piani finora presentati dai due Paesi non sono ancora sufficienti. E io concordo appieno con questo giudizio”.
Niente di nuovo sotto il sole. Va notato che la cancelliera tedesca agisce su tre fronti. Il primo è il fronte interno e riguarda il consenso politico attorno alla sua leadership innanzitutto nella Cdu che si riunisce a congresso: il messaggio che la Cdu vuole sentire non prevede la predicazione della flessibilità declamata come principio di riferimento. Il secondo fronte è sia interno che europeo e riguarda la Bce: quanto più si agisce nel senso della flessibilità o solo si dà l’impressione di voler allargare le maglie della flessibilità delle regole di bilancio, quanto meno spazio ha Mario Draghi per decidere l’acquisto di bond sovrani dei paesi Eurozona per evitare la deflazione. Simmetricamente, si rafforza l’opposizione della Bundesbank. Il terzo fronte è la relazione con l’Eurozona e i suoi maggiori azionisti: Italia, Francia, Spagna. I quali legittimamente rifiutano di essere ostaggio delle esigenze politiche interne della cancelliera tedesca. Ecco perché gli equilibri che di volta in volta vengono definiti sulle singole questioni (sui bilanci pubblici come sulle politiche per gli investimenti) sono sempre molto delicati e fragili. Certo l’Eurozona intera sta pagando a caro prezzo tale fragilità.