Gli undici Stati europei che vogliono introdurre la tassa sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax) attraverso una ‘cooperazione rafforzata’ riproveranno per l’ennesima volta venerdi’ di trovare un accordo sul campo di applicazione, ma le ‘chances’ di riuscirci sono ancora molto limitate. Lo hanno indicato fonti Ue ricordando pero’ che resta l’impegno della presidenza italiana a trovare un compromesso entro fine anno. Due le questioni da mesi in sospeso: la tassazione delle transazioni sui derivati, alla quale si oppone strenuamente la Francia che ha nel trading sui derivati un punto di forza unanimemente riconosciuto (con Euronext), e l’applicazione dei principi di ‘emissione’ e di ‘residenza’ per definire la tassa. Gli undici paesi della Tobin Tax (come viene denominata tale imposta anche se il riferimento e’ impreciso) sono: Italia, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Austria, Grecia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Spagna.
Secondo l’impostazione originaria che non sembra essere stata messa in discussione, la tassa sulle transazioni finanziarie dovrebbe essere attuata in diverse fasi: si dovrebbe partire ‘a singhiozzo’ “al piu’ tardi entro la fine del 2015”, e’ scritto in un documento preparato dalla presidenza italiana dell’Ecofin i cui contenuti Il Sole 24 Ore Radiocor e’ in grado di riportare.Se sulla data ci sarebbe accordo, l’armonia tra gli undici paesi della cooperazione rafforzata e’ introvabile sulla sostanza della Tobin Tax: l’idea e’ cominciare dalla tassazione delle transazioni in azioni e in alcuni prodotti derivati rimandando l’estensione della copertura dell’imposizione fiscale una volta che potra’ essere valutato l’impatto economico sull’attuazione lenta del progetta. Nelle decine di riunioni a livello tecnico che si sono susseguite in questi ultimi mesi sono state definite le categorie di prodotti finanziari su cui esercitare l’imposizione. La presidenza Ecofin ha proposto un compromesso per andare incontro ai paesi che hanno chiesto di esentare le transazioni in azioni effettuate dalle pmi: l’idea e’ esentare le transazioni in azioni quotate la cui capitalizzazione di mercato sia inferiore a una certa soglia della capitalizzazione di mercato totale dello Stato a una data vicina al termine dell’esercizio precedente. Per quanto riguarda la tassazione delle operazioni su azioni di societa’ non quotate si lascerebbe agli Stati la libera scelta.
La maggioranza degli Stati si e’ dichiarata a favore della tassazione delle operazioni sui derivati in una prima fase limitatamente a quei prodotti che si fondano su valori azionari. Cio’ perche’ e’ necessario evitare il rischio di distorsioni del mercato finanziario ed elusioni. Secondo la presidenza Ecofin “nel caso in cui i derivati fossero esclusi dalla tassa, sarebbe facile passare da una negoziazione di operazioni in azioni a un’altra operazione in strumenti derivati non soggetti a imposta che replichino le azioni stesse”. Sembra esclusa la tassazione dei derivati su tassi di interesse “almeno in una prima fase”. Anche l’Italia a suo tempo aveva indicato assoluta contrarieta’, dato che avrebbe interferito con la gestione del debito sovrano. Tali strumenti finanziaria, infatti, sono collegati al mercato dei titoli pubblici e sono usati anche dall’autorita’ monetaria.
Quanto ai principi di emissione e di residenza, la divisione all’Ecofin riguarda le modalita’ con cui attuarli: da un lato c’e’ la proposta della Commissione che riconosce la centralita’ della residenza integrato dal principio di emissione “in ultima istanza”. Il principio di residenza implica che l’imposta sara’ dovuta se una delle parti della transazione e’ stabilita in uno Stato membro partecipante, indipendentemente dal luogo in cui l’operazione ha luogo. Cio’, spiega la Commissione europea, “vale sia se un ente finanziario coinvolto nell’operazione e’ esso stesso stabilito nella zona della ‘Tobin Tax’, sia se tale ente agisce per conto di una parte stabilita in tale zona”. In base al principio di emissione gli strumenti finanziari emessi negli 11 Stati membri saranno tassati quando sono negoziati, anche se quanti li negoziano non sono stabiliti nella zona della ‘Tobin Tax’. Il principio della “residenza” garantirebbe maggiore equilibrio in relazione all’impatto sul gettito perche’ risulterebbe meno sfavorevole per gli Stati con minor numero di societa’ che emettono i titoli rispetto all’applicazione del principio di emissione. Chi difende quest’ultimo principio indica che la riscossione dell’imposta e’ piu’ semplice e “scongiura il rischio di delocalizzazione delle transazioni al di fuori della zona” della Tobin Tax (e’
indifferente il luogo in cui avvengono). L’idea sulla quale lavora la presidenza italiana dell’Ecofin e’ abbinare il principio di emissione alla ripartizione dei ricavi per assicurare che la ripartizione del gettito tenga conto di altri parametri come il principio di residenza, combinazione dei due principi, altri parametri come pil, popolazione. Un accordo su questo e’ lontanissimo.