L’apertura di credito alla strategia del governo Renzi resta totale. Certo, la Commissione europea ritiene che ci siano dei dubbi sul percorso di aggiustamento strutturale dei conti pubblici, chiede di “rafforzare le misure di bilancio” per quest’anno perché l’Italia rischia di non rispettare la regole di riduzione del debito pubblico. Non sono dubbi da poco, ma ci sono troppe variabili aperte: dal ritmo di crescita all’effetto delle misure previste dal governo non ancora attuate o solo annunciate. A tali indicazioni di carattere generale, non segue una prescrizione sulle cose da fare oggi. Bruxelles parla della necessità di “sforzi aggiuntivi in particolare nel 2014”, ma non ne specifica contenuti e dimensioni. Nella conferenza stampa il commissario Olli Rehn preferisce usare una terminologia più morbida: se necessario occorrono nuove misure. Non è detto, appunto, che sarà necessario. Da qui alla fine dell’anno c’è tempo per verificare se “spending review” e misure messe in cantiere dal governo, privatizzazioni comprese, daranno i risultati attesi (quando la Commissione parla di programma ambizioso di solito vuol dire che è di difficile attuazione). Sul tavolo c’era fino all’altra notte un chiaro e netto no alla richiesta di rinviare al 2015 un taglio strutturale del deficit più sostanzioso, ma i commissari europei hanno deciso che non era il caso. Sarebbe stata considerata una bocciatura clamorosa dell’azione di governo, rischiosa per l’effetto sfiducia sui mercati. Anche controproducente tanto più dopo il risultato elettorale: avrebbe dimostrato che l’approccio contabile in Europa ha la meglio sul pragmatismo.
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