LETTERA DA BRUXELLES Niente ‘golden rule’ su investimenti, ma flessibilità a piccoli passi

“Pur rispettando pienamente il patto di stabilita’ e di crescita, possono essere sfruttate le possibilita’ offerte dall’attuale regime europeo di regole di bilancio per equilibrare le necessita’ di investimenti pubblici produttivi con gli obiettivi della disciplina di bilancio”. Con queste parole i Capi di Stato e di Governo europei hanno affossato l’eventualita’ introdurre la classiCa ‘golden rule’, cioe’ l’esclusione degli investimenti pubblici dai deficit ai fini della sorveglianza di bilancio. Tale regola  non e’ passata all’epoca del Trattato di Maastricht (febbraio 1992) e da allora ha sempre attraversato la discussione politica con scarso successo. La Commissione ha appena sfornato un ‘paper’  nel quale afferma esplicitamente che la ‘golden rule’ per gli investimenti pubblici “non e’ la strada da percorrere”. Si procede pero’ pragmaticamente, zigzagando tra i vincoli di regole e procedure scoprendo che queste lasciano piu’ spazio di quanto comunemente si pensi. Il problema e’ che si tratta di piccoli passi.



  La questione della ‘golden rule’ non e’ mai stata in questi anni all’ordine del giorno in quanto tale, ma nel pieno della crisi del debito sovrano (siamo al terzo compleanno) il principio e’ stato rilanciato varie volte. Tra l’altro ne ha parlato spesso anche Mario Monti da quando e’ primo ministro dopo averne difeso la legittimita’ e l’utilita’ ai tempi di Maastricht.
  In un ‘occasional paper’ pubblicato dalla dg Ecfin della Commissione europea, la stessa che prepara dal punto di vista tecnico tutte le decisioni sulle politiche Ue per la disciplina di bilancio ed economica, il no alla ‘golden rule’ viene ribadito senza remore. Il motivo di fondo e’ che se un governo finanzia un investimento con un ritorno zero “il prestito di oggi dovra’ essere finanziato da tasse o tagli di spesa domani”. Dato che “puo’ essere interesse dell’attuale generazione indebitarsi a spese delle generazioni future non prevedere nel patto di stabilita’ e di crescita l’esclusione degli investimenti e’ una misura di precauzione contro l’azzardo morale”. Gli economisti della Dg Ecfin non si pongono il problema se con un apposito regime di controllo lo slittamento verso forme di ‘azzardo morale’ puo’ essere evitato. Un altro argomento e’ che il ritorno economico da un investimento dipende dalla specificita’ del progetto: hanno un impatto positivo sulla crescita nel lungo termine le spese per infrastrutture (trasporti per esempio) o per costruire le scuole, ma queste sono solo una parte limitata degli investimenti pubblici. Secondo gli economisti della Commissione, poi, si tende a sottostimare l’impatto negativo dei costi di finanziamento sul bilancio e sarebbe difficile fermare la corsa alla riclassificazione di certe spese (per esempio gli stipendi di ricercatori o insegnanti).
  Se la strada della ‘golden rule’ e’ sbarrata ci sono altre piste? La risposta e’ affermativa, ce ne sono e parecchie, ma occorre seguirle con il lumicino nelle complesse disposizioni dell’ormai enorme mole di regolamenti e norme fondamentali che passa sotto il nome di ‘regole per il coordinamento delle politiche di bilancio’: norme del Trattato Ue, patto di stabilita’ e crescita, ‘six pack’, ‘two pack’, fiscal compact, Euro-plus e chi piu’ ne ha ne metta. Nella parte preventiva del patto di stabilita’, per esempio, la spesa per investimenti ha un trattamento speciale: la formazione di capitale fisso (impianti, macchine, costruzioni) viene spalmata su diversi anni per evitare che uno Stato risulti penalizzato dai picchi annuali negli investimenti. Inoltre tutti programmi co-finanziati da Fondi Ue sono esclusi dalla valutazione della spesa ai fini delle procedure. Per quanto riguarda la parte correttiva del patto di stabilita’, gli investimenti pubblici “sono uno dei fattori rilevanti che possono essere tenuti in considerazione nelle procedure per deficit eccessivo” cosi’ come altre spese sia correnti che in conto capitale con obiettivi di crescita della Ue e di miglioramento della qualita’ delle finanze pubbliche“ (per esempio i costi della riforma delle pensioni). Tali fattori rilevanti pesano ai fini della gradualita’ della riduzione del deficit e del debito.
  Ora si tratta di verificare se tutto questo basta. Secondo molti governi no, a partire da Italia, Francia, Spagna. La cancelliera tedesca ha chiuso la porta a qualsiasi ipotesi radicale ricordando che il patto di stabilita’ non si tocca. Il presidente francese Hollande, invece, ha risollevato la questione chiedendo che per i paesi ‘virtuosi’ gli investimenti pubblici produttivi debbano essere tenuti in considerazione “come parte del processo di ripresa economica”. In primavera la Commissione avanzera’ delle proposte per trattare investimenti pubblici specifici “con impatto a lungo termine verificabile” in modo che a certe condizioni possano permettere “solo una deviazione temporanea” dall’obiettivo di bilancio a medio termine (pareggio o prossimo al pareggio) o dal percorso di aggiustamento. Un frammento di ‘golden rule’ temporanea e sotto il controllo europeo. Speriamo che prima o poi il pil ne benefici.