Cari francesi, l’Italia non è così lontana dalla Francia. Non si sta parlando di confini, ma di economia e pure di profilo complessivo di una società. Non è proprio un allarme quello pubblicato qualche giorno fa su Le Monde, ma certo è un caldo invito a riflettere rivolto alla classe dirigente francese. Le Monde rompe per un attimo la tradizione in base alla quale è raro che l’Italia appaia come pietra di paragone per le prestazioni dell’economia e della finanza e afferma subito che “il paese di Mario Monti possiede dei vantaggi che la Francia non ha o non ha più”.
L’Italia ha certo delle palle al piede micidiali. Per esempio il debito/pil al 120% contro l’85,4% francese. Però la deriva del deficit è sotto controllo e l’avanzo primario nel 2011 viene stimato da Barclays, indica il quotidiano, allo 0,8% del pil. In Francia c’è un deficit primario a quota 3,4% del pil, in sostanza le spese, escluse quelle per pagare gli interessi sul debito, superano le entrate.
L’altra grande debolezza italiana è la scarsa crescita, inferiore alla media dell’Eurozona. La crescita potenziale (cioè un livello di crescita massima che può essere raggiunta in un sistema economico utilizzando tutte le capacità produttive e umane) è attorno allo 0,7%, mentre quella francese è calcolata fra 1,5 e 1,7%. D’accordo, ma Le Monde consiglia di guardare a ciò che accade nell’industria nazionale se è vero come sostiene Natixis che il valore aggiunto del settore manifatturiero italiano sfiora il 20% contro il 14% scarso di quello francese (il valore aggiunto è la differenza tra il valore finale dei beni e dei servizi prodotti e il valore dei beni e servizi acquistati per utilizzarli nel processo produttivo). E ancora Le Monde ricorda una recente elaborazione di Eurostat che censisce 227.053 imprese italiane esportatrici con meno di 50 dipendenti contro 111.755 francesi, cioè la metà.
Altro chiaroscuro: la Francia è più competitiva dell’Italia a causa di costi del lavoro più alti e dell’invecchiamento più rapido della popolazione, ma perde più quote di mercato con una quota di commercio mondiale passata tra il 1999 e il 2010 dal 5,7% al 3,4%. In Itala il calo è stato meno pesante, dal 4,4% al 3%. Infine la politica: il paese “reagisce” alla crisi con una serie di riforme.
Compilare classifiche è uno sport molto praticato e dagli anni ’70 in poi (gli anni delle grandi crisi petrolifere) non si è mai smesso, con appaiamenti e sorpassi. Noi di solito ci siamo “ingarellati” con Regno Unito e Spagna, ogni tanto ci è andata bene, ogni tanto male. E’ uno sport che spesso riflette insicurezza, la stessa insicurezza che ora si avverte nelle pagine di Le Monde.