La tempistica è chiara: il piano anti-crisi dell’Eurozona sarà pronto entro il mese in modo da permettere a Merkel, Sarkozy e a tutti gli altri responsabili di governo dell’unione monetaria di non trovarsi sul banco degli accusati a Cannes, quando all’inizio di novembre si terrà la riunione del G20. Nel frattempo, tra una settimana i dirigenti dell’Eurozona si confronteranno sul ‘pacchetto’ franco-tedesco annunciato sempre dalla coppia Merkel-Sarkozy i cui contenuti restano ancora avvolti nel mistero. Si sa che si andrà dalla ricapitalizzazione delle banche alla stretta sul controllo delle politiche economiche e di bilancio nell’Eurozona, si parla di interventi politico-istituzionali ponendo mano al Trattato, si parla, soprattutto, di tagli più incisivi al valore dei titoli greci detenuti dalle banche (secondo alcuni anche oltre il 40%, altro che il 21% faticosamente concordato con le banche internazionali). D’altra parte, per far emergere sul serio il rischio sovrano sopportandone tutte le conseguenze e per abbattere rapidamente il debito ellenico, le banche vanno sostenute due volte: per fronteggiare la sfiducia dei mercati e per permettere loro di fare una operazione di verità sui bilanci. Tutto questo si svolge sotto la spinta di una pressione politica fortissima sull’Eurozona: scrutata dagli Stati Uniti, strattonata dal Regno Unito, sollecitata dai Bric, osservata dal Fondo monetario internazionale. Manca solo un rating in blocco dell’Eurozona in quanto tale e il cerchio sarebbe chiuso. Il tempo per tentennare sta scadendo.
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