LETTERA DA BRUXELLES Non aspettarsi molto dalla crescita per ridurre i deficit

La Grecia resta al centro della tempesta finanziaria dell’Eurozona e man mano che passano i giorni il cerchio dei paesi a rischio non si limita più ai tre commissariati dalla Troika (in chiaro, il trio Grecia-Irlanda-Portogallo sotto programmi di salvataggio supervigilati da Commissione Ue, Bce e Fondo monetario internazionale). E’ questo il motivo che ha spinto il governo italiano a rafforzare di gran carriera la manovra finanziaria 2011-2014: evitare di finire nel girone infernale troppo vicino al Trio. Tutta l’attenzione è ora concentrata sulle mosse dei governi nel vivo del logorante altalena di un interminabile negoziato con le banche per definire la loro partecipazione alla riduzione del debito sovrano ellenico senza scatenare il responso negativo delle agenzie di rating. L’impressione è che ci siamo quasi, questione di giorni. Ciò di cui si parla meno in questo periodo è l’andamento dell’economia: è ovvio che sia così nel momento in cui i governi sono letteralmente appesi alle micidiali pressioni dei mercati. In mancanza di un accordo stabile su come procedere, non possono fare altro che remare cercando di contrastare l’onda. Eppure se l’economia non crescerà in modo sostanziale riportare fiducia sulla capacità degli stati di ripagare i debiti e riportare le finanze pubbliche in zona sicurezza sarà difficilissimo, richiederà sforzi titanici per molti anni. I programmi dei governi fino al 2014 sono sicuramente ambiziosi, conclude la Commissione europea nell’ultimo bollettino trimestrale sull’Eurozona, “ma tali piani non sono la fine degli sforzi” da compiere.



  Il contesto di crescita in cui l’Eurozona sta cercando di galleggiare è a dir poco problematico: Bruxelles non ha modificato le stime di primavera, sia quest’anno che nel 2012 l’espansione resterà moderata attorno all’1,75% (le previsioni di primavera indicano 1,6% nel 2011 e 1,8% nel 2012). Quest’anno si troverà in recessione solo Grecia e Portogallo, l’anno prossimo solo il Portogallo (l’anno scorso erano in crescita sotto zero Irlanda, Grecia e Spagna). Il giudizio generale è che la ripresa economica “resta in pista”, ma nei prossimi trimestri dovremo scordarci una accelerazione significativa. Motivo: la riduzione del livello di indebitamento sia nel settore pubblico che nel settore privato continuerà a condizionare negativamente spesa e investimento nel breve termine. Il fatto, inevitabile, che la maggior parte degli stati membri stiano anticipando il consolidamento di bilancio nel 2011 non farà che rafforzare questo scenario.
  Ci sono, per la verità delle varianti tra stato e stato sul calendario del consolidamento, ma non tali da cambiare la situazione. L’Italia, per esempio, non è sola nello spostamento del peso prevalente della correzione di questa fase verso il 2013-2014. In una situazione analoga si trovano Belgio, Lussemburgo ed Estonia: il calo del deficit nominale e di quello strutturale sarà più forte nella seconda parte del quadriennio che non nella prima parte (aggiustato per gli effetti del ciclo il deficit pubblico italiano comunque è già sotto il 3%). La differenza è che questi tre paesi, al contrario dell’Italia, non si trovano sotto il tiro dei mercati.
  In linea generale i programmi di consolidamento sono fondati più sul taglio della spesa pubblica che non sull’aumento delle entrate: in termini aggregati fra il 2010 e il 2014 la spesa è prevista ridursi di 3,6 punti percentuali, le entrate cresceranno dello 0,5%. In alcuni paesi, però, questo non è vero: è il caso della Francia e in una certa misura del Belgio, là dove il consolidamento sta avvenendo più grazie all’aumento delle entrate che non dal lato della spesa nonostante abbiano un carico fiscale tra i più alti dell’area.