LETTERA DA BRUXELLES Sulla disciplina di bilancio Berlino e Parigi vogliono guidare le danze

Che i gesti contino in politica è scontato e, anche se non sempre dicono tutto, vale sempre la pena tenerne conto. Spesso vengono compiuti apposta per mascherare difficoltà, ma anche in questo caso conviene procedere con i piedi di piombo. Il caso degli ultimi giorni è l'impegno franco-tedesco sul 'governo economico europeo', passato alla cronaca come l'intesa di ferro tra i due governi per dare una sterzata 'alla tedesca' al patto di stabilità e alle regole europee di disciplina dei bilanci. Impegno simboleggiato, ecco un gesto che conta, dalla partecipazione del ministro tedesco delle finanze Schaueble alla riunione del governo francese, dopo che tre mesi e mezzo prima era toccato alla francese Lagarde trasferirsi a Berlino per partecipare alla riunione del governo tedesco. Quanti nelle scorse settimane avevano scommesso sull'approfondimento delle divergenze tra Francia e Germania proprio sulla 'governance' economica in Europa dopo gli scontri al massimo grado sul sostegno alla Grecia (con la prima insofferente per la riluttanza della seconda) hanno dovuto ricredersi.



  Le due capitali mantengono una diversa visione del 'governo economico': a Parigi si accarezza l'idea di una "direzione forte" dell'Europa (Sarkozy) mentre a Berlino si cerca di estendere all'intera Eurozona un "ordine federale" europeo che non si traduca in un "governo federale" (Schaueble). Ciononostante, la lezione delle divergenze scoppiate sul caso Grecia e sul meccanismo anti-crisi per i paesi che dovessero trovarsi nelle stesse condizioni (non per caso diretto da Klaus Regling, alto funzionario europeo e prima ancora alto funzionario tedesco) è che Francia e Germania non possono permettersi di litigare per più dello spazio di un mattino. Alle classiche ragioni storico-politiche per evitare una crisi dell'asse franco-tedesco ora se ne aggiungono almeno tre. Le prime due sono note: l'esposizione dei rispettivi sistemi bancari al rischio sovrano e la necessità di difendere i propri campioni industriali che hanno già una taglia europea. La terza è una ragione di convenienza legata alle strategie post-crisi. Da un lato, la Germania deve rintuzzare gli attacchi (in Europa come in sede G20) per la sua mancata cooperazione a rafforzare la domanda globale, ha bisogno di un solido alleato. Dall'altro lato, la Francia, che pure ha criticato con molta prudenza la Germania per il suo modello di crescita fortemente orientato all'export che sacrifica la domanda interna, non ha ancora compiuto passi coraggiosi e ambiziosi per uscire dalla crisi di bilancio e per questo ha bisogno di apparire più 'tedesca' dei tedeschi. Guidare insieme, con proposte dettagliate e unificate il 'gioco' della disciplina economica europea a questo punto è una necessità per entrambi. Tra l’altro, già sulla tassazione delle transazioni finanziarie e delle banche, Germania e Francia procedono da tempo di pari passo e confermano di voler forzare una decisione europea (improbabile in tempi brevi).
  La novità dell'accordo franco-tedesco, che peserà molto nelle prossime riunioni straordinarie dell'Eurogruppo il 6 settembre e dei capi di stato e di governo Ue il 16 settembre, è che sul tavolo ci sarà la proposta di un accordo politico che permetta agli stati dell'Eurozona di escludere da certi voti o decisioni uno stato che non rispetta gli impegni di disciplina di bilancio "in modo grave e ripetuto". Non potendo realisticamente aprire il Vaso di Pandora del Trattato Ue (questa era l'idea originaria dei tedeschi), l'unica soluzione a breve è un accordo politico che non implichi obblighi giuridici.  Difficile dire quante probabilità abbia di far breccia: la cosa certa è che nel negoziato in corso a livello Ue (i 27 ministri finanziari riuniti dal presidente Van Rompuy) e nello schema avanzato dalla Commissione, di una ipotesi del genere non c'è traccia. Nelle prime schermaglie c'è chi ha cominciato a dire: che cosa vuol dire infrangere il patto di stabilità gravemente e ripetutamente?, minimo dobbiamo stabilire dei parametri e ciò richiederà mesi di negoziati. Insomma, se non una vaso almeno un vasino di Pandora. Si capirà come stanno le cose verso a fine agosto, quando si riuniranno gli 'sherpa' dei ministri finanziari.
  Interessante notare come nel documento franco-tedesco presentato alla Ue sulle nuove regole del patto di stabilità con sanzioni politiche e non solo finanziarie, si faccia sì cenno al debito privato quale fattore da tenere in considerazione nella sorveglianza europea insieme con le divergenze di competitività, le riforme strutturali e la stabilità finanziaria, ma in relazione alla "sostenibilità globale delle finanze pubbliche di uno stato" ci si riferisce solo alla necessità di "tenere conto degli impegni impliciti dei governi comprese le riforme delle pensioni e della sanità". L'idea di mescolare debito pubblico e debito privato (per la quale si era battuta l'Italia riuscendo a far passare al vertice Ue di giugno una visione più complessiva della sostenibilità del debito) ai tedeschi non piace. Ai francesi piaceva, ma oggi non lo dicono.